31.01 - Una volta nominato un amministratore di sostegno, il beneficiario può essere comunque condannato per un reato che ha commesso?

Sì.

L’apertura di un’amministrazione di sostegno a favore di un soggetto non presuppone necessariamente una situazione di infermità, fisica o psichica, del beneficiario, tale da indurre a considerare il soggetto automaticamente non imputabile ai fini penali. 

Valga ricordare le norme fondamentali del codice penale sulla imputabilità:

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere (art. 85 cod.pen.). 

Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere (art. 88 cod.pen) 

Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era per infermità in tale stato di mente da scemare grandemente senza escluderla la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita (art. 89 cod.pen.).

Si comprende dunque che il giudice deve fare una valutazione del caso concreto: deve, cioè, verificare se il soggetto amministrato sia stato o meno capace di intendere e di volere al momento in cui ha commesso il fatto.

Questo significa che la nomina di un amministratore di sostegno non esclude a priori la possibilità che il beneficiario possa essere comunque condannato per un reato che ha commesso. Andranno esaminati il fatto, la condotta dell’imputato, l’elemento soggettivo (dolo o colpa), e verificato in concreto se la patologia di cui è affetto possa avere o no inciso sulla sua capacità di intendere o di volere.

Dunque se ne ricorrono i presupposti, anche il beneficiario di una amministrazione di sostegno potrà subire una condanna penale. Si tratterà di effettuare una vera e propria indagine sulla capacità di intendere (cioè, di rendersi conto delle proprie azioni) e di volere del soggetto (cioè di autodeterminarsi liberamente). 

L’infermità, fisica o psichica, anche temporanea, può incidere sull'imputabilità nella misura in cui è idonea a pregiudicare la capacità di intendere o di volere del soggetto al momento della commissione del fatto.

I disturbi della personalità, pur se non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possano rientrare nel concetto di infermità, purché siano di consistenza e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere ed a condizione che sussista un correlazione tra la malattia e la condotta criminosa.

Si ribadisce la necessità di esaminare ogni situazione specifica. 

In particolare, il giudice 

- dovrà prendere in considerazione la capacità del soggetto di comprendere l’illiceità della propria condotta e le conseguenze dannose, oltre a tutte le circostanze soggettive ed oggettive del caso;

- potrà disporre perizia onde indagare, in base all’anamnesi del beneficiario a test, esami, colloqui, se fosse in condizioni di totale o parziale non imputabilità al momento del fatto;

- potrà giungere a una sentenza di condanna solo se ritiene che l’imputato sia imputabile, o di proscioglimento in caso contrario; se ritiene la parziale non imputabilità pronuncia condanna ma la pena è diminuita fino a un terzo.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?