29.13 - Qual è la differenza tra il nuovo istituto e i vincoli di destinazione ex 2645-ter c.c.?

L’art 2645-ter del codice civile consente di trascrivere nei pubblici registri gli atti pubblici che destinano beni immobili o beni immobili registrati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a:

- persone con disabilità;

- pubbliche amministrazioni;

- ad altri enti o persone fisiche.

È una norma “incompleta” che si muove quasi esclusivamente nell’ottica dei conflitti con i creditori del conferente e dell’affidatario.

L’art. 2645-ter c.c. prevede un vincolo di destinazione “atipico”, nel quale gli scopi non sono predeterminati dal legislatore ma rimessi all’autonomia privata, sempreché superino il giudizio della meritevolezza degli interessi perseguiti.

L’atto ex art. 2645-ter c.c. si sostanzia nella funzionalizzazione di un bene, con apposizione del vincolo sul bene stesso, al fine del raggiungimento di un determinato scopo. Il vincolo, effetto dell’atto, comporta limitazioni nel godimento e nel potere di disposizione. 

Ogni vincolo ha un profilo statico, in quanto esclude i beni vincolati dal principio della responsabilità patrimoniale generica ex art. 2740 c.c., e li rende aggredibili solo per debiti contratti per la finalità; ed un profilo dinamico, perché obbliga uno o più soggetti a perseguire la finalità, potendo il conferente-disponente ed i terzi interessati agire per la sua realizzazione. Nell’art. 2645-ter c.c. manca tutto ciò che ha a che fare con le vicende del vincolo, in quanto manca la regolamentazione del rapporto, delle obbligazioni dell’affidatario persino con riguardo ai frutti dei beni vincolati, che pur vengono citati nel testo della norma. Tuttavia il conferente che, passivamente, si limiti a imporre il vincolo ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., disinteressandosi delle vicende che possono influenzare la realizzazione della finalità (come ad esempio la propria morte o incapacità) non può avere la certezza che la stessa venga attuata. 

Inoltre la disciplina dettata dall’art. 2645-ter c.c. realizza una separazione “unilaterale” che riveste pertanto il carattere della relatività. È vero che solamente i creditori che hanno pretese correlate ai beni vincolati possono aggredire i beni stessi e i loro frutti, ma è altresì vero che gli stessi possono agire anche sul restante patrimonio del titolare dei beni destinati, sia pure sussidiariamente. Il vincolo non preclude l’espropriazione forzata da parte dei creditori qualora il debito sia stato contratto per scopi conformi alla finalizzazione, con disposizione analoga a quella dettata in tema di fondo patrimoniale dall’art. 170 c.c. Tuttavia il 2645-ter c.c. non richiama il requisito della soggettiva conoscenza da parte dei creditori della destinazione del debito allo scopo. Da ciò si desume che, a differenza della disciplina del fondo patrimoniale, è sufficiente l’oggettiva destinazione del debito allo scopo senza che venga in considerazione la buona o la mala fede del creditore. La non aggredibilità dei beni vincolati da parte dei creditori estranei alla destinazione è l’unico effetto che la legge prevede. Manca qualunque previsione circa l’esclusione dei beni vincolati dalla successione per causa di morte e dal regime patrimoniale della famiglia del proprietario-fiduciario, come invece avviene nel patrimonio vincolato a vantaggio del beneficiario di amministrazione di sostegno. Tutto questo congegno non è idoneo a realizzare la tutela e l’effettiva utilizzazione del fondo vincolato a vantaggio della persona con fragilità.

Per questo il vincolo di destinazione come delineato dall’art. 2645-ter del codice civile viene nella pratica scarsamente utilizzato se non come semplice norma sulla trascrizione. Per ovviare a tali inconvenienti infatti, fino ad ora per la salvaguardia dei soggetti fragili si è fatto ampio ricorso al trust, istituto nel quale la prospettiva è completamente capovolta 

Il Patrimonio con vincolo di destinazione previsto nell’ambito della proposta normativa de quo è espressamente dedicato al vantaggio del beneficiario di amministrazione di sostegno e, come il trust e diversamente dal vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., ha come fulcro il programma che il disponente affida al gestore per realizzare il benessere e promuovere le autonomie della persona con fragilità, non invece i beni che vengono a ciò destinati, i quali costituiscono solo il mezzo per attuare la finalità, compiendo così una rivoluzione copernicana rispetto a quanto dispone l’art. 2645-ter che si concentra solo sul bene sul quale viene impresso un vincolo, statico, di destinazione.

Il tutto con il vantaggio di ricorrere ad un istituto di diritto interno, interamente disciplinato dal diritto italiano, senza dover fare ricorso ad una legge regolatrice straniera.

Ancora, diversamente dalla fattispecie disciplinata in modo incompleto dall’art. 2645-ter c.c., non occorre compiere alcun vaglio di meritevolezza rispetto al patrimonio vincolato proposto: da un lato, infatti, la meritevolezza degli interessi si trova in re ipsa, essendo il beneficiario di amministrazione di sostegno - e non un qualsiasi “ente o persona fisica”, come nell’art. 2645-ter c.c. - l’unico destinatario del vantaggio; dall’altro il nuovo istituto negoziale riveste il carattere di tipicità essendo espressamente disciplinato, restando il giudizio di meritevolezza ancorato al presupposto dell’atipicità contrattuale ex art. 2645-ter c.c. (Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione 24.09.2018 n°22437).

Infine il patrimonio vincolato può comprendere qualsiasi tipologia di beni, come del resto già il trust. L’affidatario gestore tiene il patrimonio vincolato separato da qualunque altro suo bene. Inoltre istituisce ogni conto bancario e stipula ogni contratto nella propria qualità di affidatario o in altro modo che palesi l’esistenza del patrimonio vincolato. L’affidatario è soggetto ad obbligazioni fiduciarie e deve rendere il conto al Giudice Tutelare.

In sintesi, la fattispecie prevista dall’art. 2645-ter c.c non è idonea a realizzare gli interessi relativi alla persona con fragilità in quanto:

1) Elemento centrale dell’atto di destinazione risultante dall’art. 2645-ter del codice civile è la mera funzionalizzazione del bene allo scopo, l’imposizione del vincolo: il profilo statico e passivo della destinazione. Elemento centrale del patrimonio vincolato a vantaggio del beneficiario di amministrazione di sostegno è invece il programma, ovvero l’attività necessaria per realizzare la finalità: il profilo dinamico e attivo della destinazione.

2) Con l’atto di destinazione trascritto ex art. 2645-ter, in quanto opponibile, si ottiene una separazione soltanto unilaterale. Con il patrimonio vincolato a vantaggio del beneficiario di amministrazione di sostegno si realizza una vera e propria segregazione nel patrimonio dell’affidatario gestore, a tutto beneficio della realizzazione della finalità 

3) Il vincolo di destinazione delineato dall’art. 2645-ter c.c. si presta così com’è a ben poche applicazioni pratiche. Può essere infatti utilizzato solo nel caso in cui non vi sia un programma destinatorio attivo e dinamico da realizzare, il che è alquanto raro. Può inoltre essere utilizzato, sfruttando la “forza” della trascrizione per dare una mano a istituti già esistenti, come ad esempio il mandato senza rappresentanza ad acquistare beni immobili. 


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