Si tratta di un istituto innovativo che viene introdotto nel codice civile, negli articoli 692 e seguenti, al posto dell’abroganda “Sostituzione fedecommissaria”, ad opera del progetto di Riforma Cendon – Rossi di cui al ddl n. 1972, presentato al Senato della Repubblica ed assegnato alla seconda Commissione Giustizia in data 21 aprile 2021 (del quale, nel momento in cui si scrive, non è ancora iniziato l’esame).
La novella, secondo la formulazione proposta, consente ad alcune persone vicine al beneficiario di amministrazione di sostegno (il coniuge, la parte dell’unione civile, il convivente, gli ascendenti e i discendenti ed i parenti in linea collaterale fino al quarto grado) di destinare uno o più beni a vantaggio dell’amministrato, affidandoli ad un soggetto (l’affidatario) affinché li gestisca nell’esclusivo interesse del beneficiario stesso, ed in particolare per la realizzazione di un programma stabilito dal costituente nell’atto istitutivo in ordine al suo mantenimento, alla sua cura, alla sua formazione, alla sua partecipazione sociale e al suo sostegno.
Qualsiasi persona fisica o giuridica può essere designata affidatario. L’affidatario può anche coincidere con il costituente e/o con l’amministratore di sostegno.
Il primo affidatario è designato dal costituente nell’atto istitutivo.
L’atto istitutivo deve necessariamente prevedere le modalità di designazione degli affidatari successivi al primo, che assumeranno l’ufficio in seguito a dimissioni, revoca, morte o incapacità (se persona fisica), liquidazione, cessazione o sottoposizione ad una procedura concorsuale (se persona giuridica) del precedente affidatario. Nel caso in cui nessuno provveda, la nomina è fatta dal giudice tutelare d’ufficio o su richiesta di qualsiasi interessato.
L’affidatario che per qualsiasi causa cessa dall’ufficio perde ogni diritto sul patrimonio in favore di colui che gli succede.