La giurisprudenza di Cassazione (v., in particolare, Cass. 20 dicembre 2012, n. 23707) aveva, già prima dell’entrata in vigore della L. 219/2017, ritenuto che l'atto di designazione di cui all’art. 408, co 1, c.c. potesse contenere disposizioni « integrative », che si sostanziassero in indicazioni anticipate sulle cure mediche; le stesse erano state considerate vincolanti sia per la persona poi nominata come amministratore di sostegno che per il giudice, il quale poteva discostarsene (in analogia con quanto previsto all’art. 408, u.c.), solo per “gravi motivi”, da esplicitare nel provvedimento. La Suprema Corte precisava che l’atto di designazione era da considerarsi espressione del principio dell'autodeterminazione della persona in cui, a sua volta, si esplica e si realizza il rispetto della dignità umana, mirando a valorizzare il rapporto di fiducia interno al designante e alla persona scelta; di conseguenza, sul designato gravava il compito di agire non solo nell'interesse del beneficiario, esercitando la funzione di protezione e garanzia tipica della sua investitura, ma, altresì, insieme ad esso, per attuarne il proposito dichiarato; mentre il Giudice Tutelare, laddove se ne rendesse necessario l'intervento, per logico corollario, poteva discostarsi dalle scelte integrative espresse nell'atto di designazione, soltanto se apprezzasse la sussistenza di gravi motivi.
Un secondo importante aspetto ampiamente emerso nell’applicazione giurisprudenziale (v. anche da ult. Cass., ord. 15 maggio 2019, n. 12998) riguardava la necessità che l’autorità giudiziaria ed il soggetto nominato amministratore prendessero sempre in considerazione eventuali indicazioni espressamente lasciate dal beneficiario, in qualunque forma, prima della perdita totale o parziale della propria autonomia. La soluzione adottata era oltretutto conforme alla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 (e, specialmente, agli artt. 5, 6, co. 3 e 9) ed all’art. 5, co. 1, lett. a, D.lgs. 24 giugno 2003, n. 211, per il caso di sperimentazioni cliniche di medicinali su adulto incapace.
Con l’entrata in vigore della L. 219/2017 si pone un problema di coordinamento tra la disposizione codicistica e quelle di cui all’art. 4 della stessa legge.
In particolare, posto che, tanto la designazione anticipata di amministratore di sostegno, quanto le DAT, possono essere poste in essere “con atto pubblico o con scrittura privata autenticata”, si può affermare che nel caso in cui si proceda, nel rispetto di queste forme, ad un atto di designazione che contenga anche DAT, le stesse saranno oggi vincolanti tanto per la persona poi nominata come amministratore di sostegno, quanto per il giudice, il quale non potrà, dunque, di regola, discostarsene. Il giudice dovrà tutt’al più verificare che dall’atto risulti che la persona abbia “acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte” (art. 4, co 1, L. 219/2017) e potrà, eventualmente adeguare le DAT alle sopravvenute circostanze (es.: morte o incapacità della persona designata; incongruenza tra le DAT e le condizioni cliniche in cui versa il beneficiario) nel rispetto dei principi ora espressi nella L. 219/2017.
In tutti i casi in cui, invece, le volontà siano espresse con forme diverse da quelle previste dal combinato disposto dell’art. 408, co 1, c.c. e 4 L. 219/2017, valgono le acquisizioni giurisprudenziali già in precedenza elaborate e sopra richiamate, in linea anche con la ratio della legge. Dunque, amministratore di sostegno e giudice tutelare dovranno tener conto delle volontà e dei desideri comunque espressi dal beneficiario, secondo il principio del maggior rispetto possibile dell’autonomia e della dignità dello stesso.