26.15 - Il diniego alle cure espresso dal beneficiario, che si mostri lucido e cosciente, può essere contraddetto dall’amministrazione di sostegno?

No. Punto focale dell’amministrazione di sostegno è quello di prevedere una forma di protezione della persona che si prefigga di curarne altresì l’autonomia, conservando – e se possibile implementando – la capacità di agire del beneficiario. L’amministratore di sostegno per rappresentare il beneficiario deve, quindi, anzitutto ricercare e carpire il modo di essere, le convinzioni personali e le decisioni di quest’ultimo, per poi manifestarle all’esterno nel modo più simile al se fosse il beneficiario stesso ad agire. E ciò, prescindendo dal fatto che si trovi o meno in personale disaccordo con le scelte personali effettuate dal beneficiario. 

Tale fondamentale principio, non viene scalfito nemmeno nell’ambito sanitario, ancor più se il beneficiario si mostri lucido e cosciente nella sua decisione. Difatti, i poteri-doveri demandati in via sostitutiva all’amministratore di sostegno – nell’atto di nomina o nei provvedimenti successivi – andranno esercitati alla ferma condizione che il beneficiario non manifesti, qualsivoglia ne siano le modalità espressive, una volontà opposta quando ancora si trovi nel possesso delle sue capacità cognitive.

Tale approccio personalistico ha ispirato anche la recente L. 219/2017 sul consenso informato e le DAT. Nel prevede che l’incapace possa validamente esprimere o negare il proprio consenso a una certa terapia o trattamento, qualora sia in grado di esprimersi consapevolmente, ribadisce come l’amministrazione di sostegno sia strumento volto a proteggere la persona fragile ma senza mortificarla, rispettandone integralmente la volontà qualora questa possa essere validamente espressa o, comunque, ricostruendola. La stessa Corte costituzionale, sempre nell’intento di esaltare l’autodeterminazione del beneficiario, ha poi precisato che spetta al Giudice Tutelare attribuire espressamente all’amministratore di sostegno, in sede di nomina o con provvedimento successivo, il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita, non discendendo tale potere dal fatto che sia stata riconosciuta la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario (Corte cost., sent. 144/2019).


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