È necessaria una precisazione sul termine “cura sperimentale”: se si fa riferimento alla proposta fatta ad un singolo paziente di una c.d. terapia non provata e/o non convalidata, il riferimento è alle normali regole di consenso; l’amministratore di sostegno potrà, se legittimato dal decr. del g.t., dare la propria autorizzazione dopo aver verificato che siano rispettate dal personale sanitario le particolari regole di cautela valide per tutti i pazienti (v. ad esempio l’art. 3 d.l. 23/1998, conv. in L. 94/1998, e gli artt. 13 e 15 CDM 2018).
Se ci si riferisce, invece, alla proposta di coinvolgere il beneficiario in una sperimentazione ufficiale, nell’ambito della c.d. ricerca biomedica, oltre alla disciplina generale di cui agli artt. 404 ss. c.c., ed alla L. n. 219/2017, si deve fare riferimento a regole più specifiche; tra queste spiccano quelle elaborate a partire dalla normativa UE sui farmaci. Le stesse, infatti, sono direttamente applicabili nel caso della sperimentazione clinica di farmaci, ma hanno anche una valenza più generale per le materie non espressamente regolate, in quanto espressive di regole in sintonia con principi generali, condivisi a livello internazionale e conformi al nostro ordinamento.
Rilevano, in particolare, l’art. 5 D.lgs. 211/2003 e gli artt. 31 e 35 del Reg. UE 536/2014, non ancora formalmente applicabile, ma che può essere utilizzato per specificare regole in sintonia con l’attuale assetto normativo.
Possono trarsene almeno quattro principi importanti per le decisioni in oggetto: a) le garanzie previste a tutela di tutti i pazienti si estendono ai pazienti vulnerabili; b) escludere a priori i pazienti vulnerabili dalla sperimentazione si risolve in un pregiudizio per i pazienti esclusi; c) i soggetti vulnerabili, inclusi i pazienti in condizioni di incapacità di esprimere un valido consenso, non devono essere coinvolti in sperimentazioni che non abbiano previsti benefici per loro stessi o per la popolazione di pazienti da essi rappresentata; d) anche i pazienti non in grado di consentire validamente devono essere adeguatamente coinvolti nella sperimentazione che li riguarda attraverso: i) un’informazione adeguata alla loro condizione, ii) il “rispetto” dell’eventuale rifiuto di parteciparvi o della volontà di ritirarsi dalla sperimentazione avviata ed, infine, iii) l’espressione del consenso informato da parte del “rappresentante legale”, che rispecchi la volontà presunta del paziente.
In definitiva, per dare risposta al quesito, è anzitutto opportuno distinguere, dal punto di vista soggettivo, il caso in cui il beneficiario abbia la capacità di prestare un valido consenso alla sperimentazione da quello in cui non lo abbia.
Nel primo caso, e quindi in tutte le ipotesi in cui l’amministratore di sostegno non abbia poteri lato sensu sostitutivi del beneficiario per le cure mediche, non sarà necessaria l’autorizzazione dell’amministratore di sostegno; lo stesso dovrà essere coinvolto dal personale sanitario solo nelle ipotesi di dubbia capacità del beneficiario, ai fini di valutare l’eventuale estensione dei suoi poteri/doveri, previo ricorso al g.t.
Nel secondo caso, possono presentarsi tre diverse situazioni:
Può essere utile ricordare che, in ogni caso, l’ads deve sempre:
• agire nell’esclusivo interesse dell’incapace;
• decidere non al posto dell’incapace né per l’incapace, ma con l’incapace, ricostruendo, cioè, la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza.