26.06 - Cosa comporta la designazione anticipata dell’amministratore di sostegno in relazione alle previsioni di cui agli artt. 3 e 4 della legge n. 219/2017?

Sulla questione si sono registrati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali. 

Secondo una prima tesi (Trib. Modena, 13 marzo 2008; Trib. Modena, 5 novembre 2008; Trib. Cagliari, 22 ottobre 2009; Trib. Firenze, 22 dicembre 2010), compiuta la designazione nelle forme previste dall’art. 408 c.c., il designante o altro soggetto legittimato ex art. 406 c.c. potrebbe ricorrere al Giudice Tutelare, chiedendo la nomina dell'amministratore di sostegno nella persona indicata e con conferimento dell'incarico corrispondente a quanto precisato nell'atto di designazione.

In base a questa ricostruzione dell’istituto, la condizione attuale di incapacità non è presupposto necessario per la nomina giudiziale dell'amministratore, ma solo per l'efficacia del relativo provvedimento.

L'avviso opposto (Trib. Cagliari, 14 dicembre 2009; Trib. Roma, 1 aprile 2009; Trib. Pistoia, 1 aprile 2009; Trib. Pistoia, 8 giugno 2009; Trib. Varese, 25 agosto 2010; Trib. Verona, 4 gennaio 2011). sostiene, invece, che non può farsi luogo alla nomina dell’amministratore, nella persona indicata nell’atto di designazione, se il beneficiario della misura non versi già in una condizione di incapacità/infermità.

La Cassazione, con la sentenza 20 dicembre 2012, n. 23707, ha aderito a questa seconda impostazione.

Al riguardo, la Corte ha osservato che “la procedura implica il manifestarsi della condizione d'infermità o incapacità della persona e l'insorgere coevo dell’esigenza di protezione cui è ispirata la ratio dell'istituto in discorso. La sua introduzione con la L. 6/2004, come già affermato dalla Cassazione con sentenza n. 13584/2006, mira infatti ad offrire uno strumento d’assistenza alla persona carente di autonomia a causa della condizione d’infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d’intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione. L’intervento giudiziario, in coerenza con questa finalità, non può che essere contestuale al manifestarsi dell’esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d'incapacità o infermità da cui quell'esigenza originacene, secondo il contesto normativo riferito, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti”.  

Vi è, peraltro, da registrare un indirizzo, per così dire, intermedio secondo cui “la nomina di a.d.s. non deve necessariamente essere contestuale al manifestarsi dell'esigenza di protezione del soggetto, ben potendo essere disposta anche a favore di chi, nell'immediato futuro, assai plausibilmente verserebbe altrimenti in infermità tale da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi” (Trib. Modena, 10 dicembre 2015; Trib. Modena 1 luglio 2015; Trib. Modena 30 novembre 2014).

Di recente, la Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2019, n. 12998), dopo aver chiarito che la procedura di nomina dell'amministrazione di sostegno presuppone che la persona sia priva di autonomia, in tutto o in parte, per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, anche parziale o temporanea, che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, non anche che si trovi in uno stato d’incapacità d’intendere o di volere, ha sottolineato che “la designazione anticipata dell'amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in vista della propria eventuale futura incapacità, prevista dall'art. 408, comma 1, c.c., non ha esclusivamente la funzione di scegliere il soggetto che, ove si presenti la necessità, il giudice tutelare deve nominare”, bensì, in linea col dettato normativo di cui agli artt. 3 e 4 L. 219/2017, “ha altresì la finalità di consentire al designante, che si trovi ancora nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, di impartire delle direttive vincolanti sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere in futuro all'amministratore designato”.

Già in precedenza la Corte si era espressa riconoscendo nell’art. 408 c.c., lo strumento di “esplicazione del principio di autodeterminazione personale, che mira a valorizzare il rapporto di fiducia interno al designante e alla persona scelta, la quale sarà tenuta ad esprimere le intenzioni del primo, se risultano esternate ad integrazione dell’atto, circa gli interventi di natura patrimoniale e personale che si rendessero necessari all’avverarsi di quella "futura" condizione di incapacità” (Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2012, n.23707). 

L’art. 408 c.c., in cui si prevede la facoltà del beneficiario di designare, quando ancora in possesso di tutte le proprie facoltà psicologiche e fisiche, colui che al verificarsi della condizione di incapacità, futura ed eventuale, potrà ricoprire l’incarico, in questo modo fa dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, lo strumento privilegiato per tutelare e garantire piena validità alle direttive anticipate di trattamento.

La Corte (Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2019, n. 12998) ha puntualizzato pure che “tali direttive possono anche prevedere il rifiuto di determinate cure, in quanto il diritto fondamentale della persona all'autodeterminazione, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, sancito dall’art. 32 Cost., dagli artt. 2, 3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalle convenzioni internazionali, include il diritto di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, senza che tale rifiuto, ove informato, autentico e attuale, incontri un limite di ordine pubblico in un inesistente dovere di curarsi”. 

Pertanto, si può ben affermare che sia questa la cornice di lettura entro la quale “vanno collocati i disposti degli artt. 408 cod. civ., laddove prevede che la scelta dell'amministratore di sostegno avvenga con "esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona", e del successivo art. 410, co. 1, c.c., che impone al predetto di agire tenendo conto dei bisogni e delle "aspirazioni" del beneficiario” (Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2019, n. 12998).


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