26.04 - L’amministrazione di sostegno ha come obiettivo di limitare il meno possibile la capacità d’agire del beneficiario?

Si, in quanto con la L. 6/2004 si è voluto introdurre un sistema di protezione più elastico e flessibile, proporzionato alle condizioni del beneficiario e idoneo a rispondere alle diverse richieste derivanti dalla varietà delle situazioni di debolezza e di fragilità. Lo stesso decreto di nomina dell’amministratore di sostegno è calibrato in funzione alla concreta limitazione della capacità di agire della persona sottoposta ad AdS e ciò in considerazione dell’esistenza di casi in cui il soggetto è incapace di provvedere a se stesso, ma senza versare in stato di infermità mentale (come le persone affette da insufficienza mentale, cerebrolesione, autismo, sindrome di Down ecc.). In precedenza una tale situazione, quando non si traduceva in una privazione di ogni forma di assistenza, portava forzatamente all'applicazione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, con grave menomazione della residua autonomia del soggetto e con stimmate sociali pesanti ed ingiustificate. È maturata, quindi, la consapevolezza che, accanto agli istituti tradizionali, fosse necessario introdurre una figura che avesse funzione non tanto sostitutiva ma di sostegno, intervenendo non nella totalità degli atti che la persona assistita è chiamata a compiere (interdizione) e nemmeno in una categoria predefinita (inabilitazione), ma solamente in quegli atti per i quali la situazione concreta suggerisce una presenza vicariante.

Riconoscere che il beneficiario dell'amministrazione di sostegno, pur bisognoso di protezione sotto determinati aspetti, non è per questo un «incapace», contribuisce ad attuare il definitivo superamento della rigida equazione tra infermità di mente e incapacità di agire. Per questo, il giudice tutelare, a differenza del giudice dell'interdizione e dell'inabilitazione, non agisce nell'ottica di accertare l’incapacità di agire dell'interessato, quanto al fine di comprendere la situazione di fragilità attorniante il beneficiario, per fornire sostegno a chi si trovi impossibilitato a curare autonomamente i propri interessi o una parte di essi (patrimoniali, sanitari a seconda dei casi). In questi termini l'amministrazione di sostegno offre la possibilità di modulare una protezione mirata, calibrata sulle specifiche esigenze della persona, di cui rispetta la dignità e i bisogni, nella misura in cui l'estensione degli effetti incapacitanti dell'amministrazione di sostegno incontra un limite necessario nel principio di massima conservazione della capacità e autonomia del beneficiario. L'incidenza dell'istituto sulla capacità del beneficiario, infatti, deve parametrarsi alle specifiche esigenze di sostituzione o di assistenza del soggetto debole, considerato che ogni limitazione trova la propria ragion d'essere nella funzione di tutela e protezione.

Conseguentemente, anche la legislazione successiva ha esaltato questa portante finalità dell’istituto, dimostrandosi sensibile alla tutela dell’autodeterminazione e dignità della persona. In particolare, la L. 219/2017 in materia di consenso informato, specifica che questo potrà e dovrà essere prestato dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno qualora il suo stato di parziale incapacità glielo consenta, dovendosi valorizzare le sue «capacità di comprensione e di decisione». Difatti, soltanto in via sussidiaria, qualora il Giudice Tutelare attribuisca espressamente all’amministratore il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita (Corte Cost., sent. 144/2019) e il beneficiario si trovi nell’impossibilità di prestare autonomamente un consapevole consenso, questo potrà essere fornito dall’amministratore di sostegno che, in ogni caso, dovrà agire tenendo in stretta considerazione le volontà espresse dal beneficiario ovvero il suo personale stile di vita e di pensiero. Allo stesso modo, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente ribadito la ratio dell’istituto: esso ha la finalità di offrire uno strumento di assistenza che sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione. Difatti, precisa la Corte, rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2020, n.6079).


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