Intende che l’amministratore di sostegno deve tener conto, abbracciare e tutelare il beneficiario sotto ogni forma di manifestazione dell'essere umano nella sua complessità: dal diritto ad un'abitazione (o perlomeno ad una sistemazione) adeguata, alla cura della salute, alla vita di relazione, alle esigenze culturali, di svago, ricreative, alla manifestazione di consensi o di dissensi di varia natura (trattamenti medici, dati personali, uso dell'immagine), ricostruendo e ricercando gli intenti e le volizioni del beneficiario. In questo modo, la L. 6/2004 risolve la delicata questione di come proteggere i soggetti non in grado di provvedere alla cura dei propri interessi considerando che tale tematica da un lato, investe aspetti personali e sociali delle persone interessate e, dall'altro, coinvolgendo le strutture giudiziarie ed amministrative, chiamate ad operare con efficienza e rapidità. L’obiettivo dell’istituto dell’amministrazione di sostegno è, dunque, quello di raggiungere la maggiore inclusione sociale possibile delle persone bisognose di protezione, con la conseguenza di non concepire più il sostegno come limitato al solo ambito patrimoniale ma estendendolo anche e soprattutto alla sfera personale, ai bisogni e alle aspirazioni dell'interessato. Il raggiungimento di tale obiettivo è possibile grazie al carattere pregnante dell'amministrazione di sostegno consistente nella realizzabilità di interventi di protezione “su misura” per i bisogni delle persone prive in tutto o in parte di autonomia. Questa vestibilità dell’istituto si realizza fin dal principio, con la previsione di un decreto di apertura della procedura “programmatico”, il cui contenuto deve essere parametrato sulla scorta delle peculiari esigenze di protezione di cui il beneficiario è portatore: si garantisce la corrispondenza dell'intervento protettivo alle esigenze del caso concreto attraverso la definizione puntuale dell'oggetto e dei poteri dell'amministratore.
A livello legislativo, tale finalità viene riassunta nell’art. 410 c.c., laddove, parlando di “bisogni” del beneficiario impone che l’intera attività dell'amministratore si svolga ascoltando le necessità espresse dal beneficiario o da questi comunque manifestate, a prescindere dai limiti e dalle problematiche cui sia soggetto. Peraltro, anche laddove il beneficiario non fosse in grado di esprimere i propri desideri e i propri bisogni, essi non cesserebbero di venire in rilievo, rimanendo comunque necessario che l'attività dell'amministratore si uniformi al principio del rispetto della personalità, delle convinzioni ideologiche e religiose, della condizione sociale del beneficiario, eventualmente ricercandole in fonti a questo vicine per ricostruire comunque quelli che sarebbero i suoi bisogni.
Oggi, inoltre, la L. 219/2017 ha codificato tale portante principio anche nell’ambito sanitario, prevedendo espressamente che le scelte effettuate dall’amministratore di sostegno in termini di consenso o rifiuto di un trattamento medico debbano avvenire nel pieno rispetto della dignità del beneficiario, tenendo sempre conto della volontà dello stesso. Tale concetto è da intendersi come onnicomprensivo: bisogni, aspirazioni, ideologie personali del beneficiario devono fungere da elementi guida della scelta effettuata dall’amministratore in ambito medico. Dipiù, questo nuovo assetto legislativo esalta la dignità della persona anche nella parte in cui disciplina espressamente le disposizioni anticipate di trattamento. In questo modo, garantisce che le intenzioni della persona e le sue personali convinzioni possano essere rispettate in maniera puntuale, lasciando da parte ogni rischio di macchiare la volontà della persona incapace.