Caratteristica precipua del decreto di nomina dell'amministratore di sostegno è la libertà del suo contenuto. L'art. 405 c. 5 n° 3 stabilisce che nel decreto di nomina il Giudice Tutelare indica quali sono gli atti che l'amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario. L'elasticità è dunque massima e non vi è nessun divieto di inserire anche la facoltà di investire o disinvestire denaro.
Pur considerando che l'art. 374 c.c., richiamato dall'art. 411 c.c. e dunque applicabile all'istituto dell'amministrazione di sostegno, prevede che sia necessaria l'autorizzazione del Giudice Tutelare per riscuotere capitali, in genere si ritiene che con l'inserimento di tale facoltà nel decreto di nomina il Giudice Tutelare abbia già reso la sua autorizzazione.
A ben vedere, l'art. 405 c.5 n° 4) non pone un divieto per il Giudice Tutelare di concedere al beneficiario stesso la facoltà di investire o disinvestire il denaro congiuntamente all'amministratore di sostegno (né vi sono norme che vietano che possa farlo il beneficiario autonomamente) ma sono davvero rari i casi un cui un soggetto “debole” sia in grado di gestire autonomamente aspetti così complessi.
Sono dunque ragioni di opportunità che conducono il Giudice Tutelare ad inserire o meno tali poteri a favore dell'ads nel decreto di nomina: in particolare è da osservare che in molti casi l'apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno avviene in favore di soggetti anziani, che hanno ormai accumulato un patrimonio più o meno ampio ma che, escludendo il caso di proventi successori, difficilmente è suscettibile di incremento. In tali casi in genere l'amministratore di sostegno è chiamato a gestire oculatamente il patrimonio in modo da garantire il più possibile un'esistenza confortevole e dignitosa nel rispetto dei voleri del beneficiario a fronte di spese di assistenza che si fanno via via crescenti. In tali casi il Giudice Tutelare più facilmente concederà all'amministratore la facoltà di disinvestire denaro già nel decreto di nomina, anche perché necessario alle esigenze di vita quotidiana.
Discorso parzialmente diverso può essere fatto per quanto concerne gli investimenti. Occorre anzitutto rilevare che l'art. 411 c.c. che disciplina le norme relative all'interdizione espressamente applicabili all'istituto dell'amministrazione di sostegno, non richiama l'art. 372 c.c. che obbliga il tutore ad investire il patrimonio dell'interdetto in forme precise (ed ad oggi anche anacronistiche), quali titoli di Stato, immobili, buoni postali. Pertanto, l'amministratore di sostegno non è vincolato a scegliere tali forme di investimento ed ha in teoria la più ampia facoltà in merito.
In pratica, la scelta in concreto può essere difficoltosa in quanto la maggior parte degli amministratori, anche professionisti, non ha competenze economico finanziarie specifiche, così come in genere non le possiede il Giudice Tutelare.
Anche in questo caso, il punto di partenza è costituito dal decreto di nomina, che stabilirà eventualmente se l'amministratore di sostegno possa o meno investire il denaro del beneficiario ed in quali forme. Tanto più il quadro economico patrimoniale sarà chiaro al Giudice Tutelare tanto più egli potrà fornire indicazioni. Facilmente, magari, potrà inserire la facoltà di procedere al reinvestimento di titoli scaduti in forme identiche o analoghe, ovvero, con una formula un po' generica e di difficile concretizzazione nell'attuale momento economico finanziario, potrà stabilire la facoltà di collocare il patrimonio in forme di investimento a basso rischio e a capitale garantito.
Tale dicitura in realtà non costituisce proprio un aiuto, in quanto, ad esempio, le situazioni di un capitale garantito a breve o lungo termine possono essere profondamente diverse, perché un investimento a capitale garantito a lungo termine, magari non liquidabile in ogni momento, potrebbe costituire un pesante vincolo in caso di necessità economica improvvisa.
Che accade qualora il decreto di nomina nulla preveda in merito all'investimento o al disinvestimento di denaro del beneficiario? Tali atti dovrebbero essere considerati come atti di straordinaria amministrazione e soggetti a decreto di autorizzazione ex art. 374 c.c.
Qualora nel caso concreto si ritenga che si debba proporre istanza al Giudice Tutelare, appare necessario che vengano descritte adeguatamente le ragioni sottese sia al disinvestimento che all'eventuale investimento. Nel primo caso sarà facile motivare in caso di necessità economica dovuta a ragioni di spesa, mentre nel caso di investimento, data l'alta tecnicità della materia, appare altamente consigliabile agevolare il lavoro del Giudice Tutelare presentando diverse possibili forme di investimento corredate da una sintetica relazione sul prodotto predisposta o dal promotore o dall'Istituto di credito proponente.