24.04 - Come distinguere fra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione? E in questo caso, l’attività dell’AdS deve essere autorizzata?

L’individuazione degli atti affidati all’amministratore di sostegno spetta al decreto di apertura della procedura e nomina dell’ADS, posto che al GT compete, fra l’altro, l’indicazione “...3) dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario; 4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore”.

Tale individuazione può essere compiuta singolarmente ovvero per categorie di atti omogenei, e può altresì riguardare — al limite — anche semplici operazioni materiali o di carattere gestorio (si pensi alla riscossione di emolumenti pensionistici ed al loro reinvestimento, detratta una quota consegnata mensilmente al beneficiario e da questi direttamente gestibile, in relazione a quanto previsto dallo stesso art. 405 4° co., n. 5 e dall’art. 409 c.c.).

La distinzione fra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, soprattutto nei casi in cui alla concessione del potere sostitutivo all’amministratore si affianca la privazione della corrispondente capacità in capo al beneficiario, diviene particolarmente rilevante in relazione alla prescrizione di cui all’art. 411 c.c.

Detta disposizione, infatti, rinvia fra le altre alla norma di cui all’art. 375 c.c., specificando che le relative autorizzazioni sono di competenza del Giudice tutelare. A questo organo monocratico, proprio per la particolare vicinanza con la persona del beneficiario, che il giudice già ha conosciuto in sede di esame per la nomina dell’amministratore di sostegno, e per la particolare semplicità delle relative forme di intervento — anche officiose — nell’interesse del disabile, sono quindi affidati poteri autorizzatori che nel caso della tutela spettano al Tribunale in composizione collegiale.

Si tratta, per riprendere l’elencazione dell’art. 375 c.c., degli atti di alienazione di beni del beneficiario (esclusi frutti e cose deperibili), della costituzione di garanzie reali, della effettuazione di divisioni, della conclusione di accordi di carattere transattivo. Peraltro, in forza del citato art. 411 c.c., anche l’art. 374 c.c. resta applicabile all’amministrazione di sostegno. Ne deriva che l’autorizzazione del Giudice tutelare è altresì necessaria per il compimento da parte dell’amministratore di alcuni atti più semplici e di minore pericolosità per il patrimonio dell’interessato previsti dalla richiamata disposizione, salvo che gli stessi non siano già oggetto di regolamentazione specifica nell’ambito del decreto di apertura e nomina dell’ADS.

In sintesi, si tratta degli atti di acquisto di beni (esclusi quelli di uso corrente), della riscossione di capitali od assunzione di obbligazioni, dell’accettazione di eredità o rinuncia alle stesse e dell’accettazione di donazioni, nonché della conclusione di locazioni ultranovennali e del promuovimento di giudizi.

Il baricentro dell’intervento giudiziale in questa materia resta, comunque, quello di delineare spazi di intervento per l’amministratore con la minore limitazione possibile della capacità di agire del soggetto ausiliato, Tale ratio emerge in tutta la sua evidenza anche dall’art. 410 2° co. c.c., dal quale si evince che l’amministratore deve, per quanto possibile, coinvolgere il beneficiario nel compimento degli atti inerenti al suo incarico e cercare di ottenere una adesione consapevole al suo operato. In mancanza dovrà informare tempestivamente il G.T. al fine di acquisire il nulla osta all’operazione prospettata.

In termini  più generali, Cass. civile, sez. II, 04/03/2020,  n. 6079 ha sostenuto che l'ads si può configurare come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore; viene, invece, definita amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione; ne discende che, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza, il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza.


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