24.01 - Quali funzioni e poteri ha l’amministrazione di sostegno rispetto ai rapporti patrimoniali del beneficiario?

Le funzioni ed i poteri che l’amministratore di sostegno è in concreto chiamato ad assolvere sono individuati, rispetto a ciascun caso e situazione effettiva, nel decreto di nomina del G.T., che in forza dell’art. 405 5° co. c.c. indica “l’oggetto dell’incarico”, nonché l’atto o gli atti che l’amministratore potrà compiere in nome e per conto del beneficiario e/o quelli che questi potrà compiere solo con l’assistenza dell’amministratore, fatti naturalmente salvi gli atti “minimi” della quotidianità (che residuano in ogni caso nella sfera di “libero esercizio” da parte del soggetto debole o privo di autonomia).Già da questa affermazione si comprende come spetti alla sensibilità ed al bagaglio professionale del G.T. discernere in ciascun caso concreto se per il compimento di certi atti sia sufficiente la sola assistenza da parte dell’amministratore, ovvero se necessiti una integrale sostituzione del beneficiario, attribuendo al soggetto nominato pieni poteri di rappresentanza, concorrente o esclusiva.

Proprio in questa duttilità e flessibilità si coglie uno dei tratti salienti   della nuova misura e la sua capacità di adattarsi alle esigenze della persona interessata come fosse un suo vestito “su misura”. Necessariamente schematizzando, quindi, vi potranno essere casi in cui si realizza una sorta di rappresentanza concorrente vigilata (si pensi ai deficit fisici di autonomia del soggetto) e casi nei quali una serie di atti più o meno considerevole— eventualmente indicati nel decreto di nomina per categorie, come quelli di straordinaria amministrazione — potrà essere compiuta soltanto con l’assistenza necessaria dell’amministratore.

Nelle ipotesi più gravi, infine, il sostegno potrà modularsi come una rappresentanza esclusiva per atti o categorie di comportamenti, sino ad arrivare a casi di vera e propria “incapacitazione” del soggetto debole, come può evincersi dal rinvio contenuto all’art. 410 c.c. agli effetti, decadenze e limitazioni proprie dell’interdizione. Naturalmente tale scelta deve essere guidata da un principio di “sussidiarietà” volta a perseguire il massimo di tutela del soggetto con la minore limitazione possibile della sua capacità. Resta infine salvo, in ogni caso, il limite di autonomia segnato dall’art. 409 2° co. c.c.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?