23.01 - L'AdS è tenuto alla "cura personae"?

Nei primi anni di applicazione del nuovo istituto, la curae personae da parte dell'amministratore di sostegno non ha rappresentato un dato condiviso da parte di Giurisprudenza e Dottrina. Si è infatti sostenuto che l'art. 411 c.c. non richiami espressamente l'art. 357 c.c. in materia di tutela, ove invece si stabilisce espressamente che il tutore ha la cura del minore. Quindi, a stretto rigore di norma, non risulterebbe che l'amministratore di sostegno debba provvedere alla cura della persona. Si è all’opposto replicato come l'attività di cura sia tendenzialmente ricompresa nell'incarico, facendo riferimento all'art. 405 c.4 c.c., che stabilisce che in via d'urgenza il Giudice può emanare i provvedimenti meglio visti per la cura della persona, all'art. 408 c.1 c.c. che impone all'ads di svolgere l'incarico avendo riguardo alla cura e agli interessi della persona, nonché all'art. 44 disp att c.c. e disp. transitorie della L. 6/2004 in cui si stabilisce che il Giudice tutelare può dare istruzioni per la cura degli interessi morali del beneficiario.

Molto spesso la cura della persona e il soddisfacimento delle sue aspirazioni è attività inserita proprio come oggetto dell'incarico, anche se non tutti i Tribunali hanno condiviso tale impostazione. La Corte di Cassazione, peraltro, ha messo in evidenza come sia rilevante l'inserimento della cura personae nell'oggetto dell'incarico (Cass. V, Sez. pen. 26.2.16 n. 7974), escludendo il reato di abbandono di incapace in capo all'ads qualora non sia espressamente prevista la cura della persona nell'oggetto dell'incarico e dunque lasciando intendere che vi sia un obbligo di cura della persona solo quando espressamente previsto.

Ancor più recentemente sono intervenute le stesse Sezioni Unite, che sia pure affrontando direttamente altra questione, hanno avuto modo di rilevare che “l'amministratore di sostegno, come il tutore, è tenuto ogni anno a "rendere conto" della contabilità della sua amministrazione e periodicamente a riferire al giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, in modo da poter consentire al giudice tutelare di adottare, anche d'ufficio, i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio, eventualmente modificando e integrando le decisioni assunte con il decreto di nomina. Da ciò rileva che la ratio dell'istituto che emerge dalle disposizioni di legge è di non attribuire al giudice tutelare una funzione notarile, a garanzia della legittimità formale degli atti incidenti sulla sfera personale e patrimoniale del beneficiario, ma di tutelare effettivamente  quest'ultimo, in quanto spetta al giudice il compito di modellare i poteri dell'amministratore di sostegno, e di stabilire, volta per volta, l'estensione in relazione alle necessità concrete e alle disponibilità finanziarie del beneficiario e di vigilare sulla sua attività” (Cass. S.U. 24 gennaio 2020, n. 1606). Ed ancora, la recentissima Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2020, n. 14846, ha avuto modo di precisare che “in tema di i.v.a., posto che l'attività svolta all'amministratore di sostegno è precipuamente volta alla cura della persona, l'amministrazione del patrimonio non configura, di norma, attività economica e, quindi, imponibile, a meno che non sia volta a ricavare introiti con carattere di stabilità o, comunque, sia espletata a titolo onerosità”.

Non possono perciò più sussistere dubbi sul fatto che la cura della persona rientri fra i compiti affidati all’ads, quantomeno nei casi in cui egli non abbia compiti puramente transitori o di assistenza alla redazione di uno o più atti giuridici. Appare comunque opportuno che il decreto di nomina, faccia chiarezza sul punto espressamente assegnando all’amministratore i relativi compiti ed individuando soluzioni adatte a valorizzare il residuo spazio di autonomia gestoria che auspicabilmente il beneficiario, nel suo stesso preminente interesse, può conservare.


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