22.07 - Nel caso in cui sia lo stesso assistito a chiedere che la sua capacità legale di agire venga limitata, in relazione a determinati atti (onde sottrarsi a condizionamenti esterni che egli non riesce a contrastare), come dovrà comportarsi il GT?

La risposta a tale quesito non può essere a senso unico; dipenderà, volta per volta, dalle condizioni psichiche del richiedente.

Per meglio dire: nessun vulnus della capacità d’agire, di regola, potrà giustificarsi allorché l’interessato vanti, per se stesso, sufficiente lucidità mentale - accusando non più che sfumature di soggezione psicologica (non psicopatologica) verso un familiare o un terzo.

Limitare, in situazioni del genere, la sovranità della persona darebbe luogo, verosimilmente, ad applicazioni sbilanciate e distorsive del nuovo strumento di protezione (per un’applicazione in tal senso, si veda Trib. Trieste, decr. 24 marzo 2006).

Diverso il caso in cui la difficoltà per il soggetto fragile di contrastare comportamenti minacciosi altrui, dipenda da uno stato di vera e propria sofferenza psichico/clinica, tale da privare la persona in esame della lucidità mentale (anche se sarà meno frequente, qui, l’ipotesi di un amministrato volto a invocare lui stesso la propria ‘incapacitazione’).

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Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?