21.03 - Il beneficiario può porre in essere gli atti c.d. personalissimi, quelli cioè che coinvolgono scelte del tutto intime e soggettive?

A differenza dell'interdetto, il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva intatta la propria capacità in ordine agli atti personali o personalissimi. Per tali devono intendersi le determinazioni negoziali che coinvolgono gli aspetti più intimi della persona, i sentimenti, le scelte religiose e morali.

Così, a titolo esemplificativo sono atti personalissimi il matrimonio, le convenzioni matrimoniali, il riconoscimento di un figlio, il disconoscimento della paternità riguardo a figlio, il testamento, la donazione, le scelte relative allo status personale, come la separazione personale e il divorzio, e l’acquisto della cittadinanza se disabili stranieri. 

In passato è stato sostenuto da taluni che tali atti, data la loro natura, potrebbero essere compiuti soltanto dall'interessato e, dunque, non sarebbero delegabili all'amministratore di sostegno.

Aderire a tale tesi significherebbe, tuttavia, escludere ogni possibilità di esercizio di scelte fondamentali dell'esistenza, allorquando l'interessato non sia in grado di compierle.

Ad oggi, non è più in discussione la possibilità di affidare all'amministratore di sostegno, laddove occorra, compiti di assistenza o di rappresentanza con riferimento agli atti di natura personale, sempre che ciò risponda all'interesse del beneficiario. L'amministratore di sostegno sarà tenuto, beninteso, ad informare adeguatamente il beneficiario e a coinvolgerlo nelle scelte e nel compimento di tali atti.

Tuttavia, ad oggi si rinvengono alcune ipotesi in cui l’esercizio di diritti personalissimi rimane in capo al beneficiario senza possibilità di delega all’amministratore di sostegno. 

Si pensi all’acquisto della cittadinanza, rispetto al quale la recente sentenza Corte Cost. n.258/17, ha esonerato dall'obbligo di giuramento l'aspirante cittadino disabile che, solo in ragione della propria impossibilità a recitare la formula prevista, non poteva acquistare la cittadinanza pur avendo soddisfatto tutti i requisiti.

Ancora, Corte Cost., ord. 10 maggio 2019, n.114, enuncia il principio secondo cui il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può effettuare donazioni, salvo espressa limitazione del giudice tutelare. La Corte Costituzionale ha stabilito che il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno non determina lo status di incapacità della persona, a cui debbano riconnettersi automaticamente i divieti e le incapacità che il codice civile fa discendere come necessaria conseguenza della condizione di interdetto o di inabilitato. Inoltre, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l’amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona, ma senza mortificarla, e la relativa normativa consente al giudice tutelare di adattare la misura in base alla situazione concreta della persona. Pertanto, secondo la Consulta, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di donare, salvo che il giudice tutelare ritenga di limitarla, caso per caso o anche nel provvedimento di apertura dell’amministrazione, tramite l’estensione, con esplicita clausola, del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato.

Da ultimo, si consideri la questione relativa al c.d. consenso alle cure mediche in tema di Biotestamento e Disposizioni Anticipate di Trattamento , in relazione al quale, parimenti, si discuteva se esso potesse essere di competenza dell’amministratore, eventualmente previa autorizzazione del giudice, ovvero toccasse sempre e solo al beneficiario, non essendo consentito al giudice conferire detto potere all’amministratore.

La recente L. 219 del 2017 ha posto fine alle discussioni sul punto poiché, all’art. 3 comma 4, chiarisce che il consenso informato viene espresso dall’amministratore la cui nomina preveda “l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario”; in altre parole, il beneficiario può esprimere o meno il consenso alle cure mediche, fatto salvo che il giudice abbia espressamente stabilito poteri in ambito medico/sanitario in capo all’amministratore di sostegno.


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