20.12 - Quali conseguenze sono previste per gli atti compiuti dall’amministratore negligente o disonesto?

Se l’amministratore di sostegno compie, nell’adempimento della sua attività, atti dannosi, svolti con negligenza o disonestà, oppure in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferitigli dal giudice o in contrasto con gli interessi del beneficiario, tali atti possono essere annullati, ex art. 412 c.c., entro cinque anni, decorrenti dalla data di cessazione della sottoposizione all’amministrazione di sostegno, su richiesta dell’autore, del beneficiario, suoi eredi o aventi causa e del P.M. L’elencazione è tassativa.

Ne consegue che l’altro contraente non può far valere con sua iniziativa il vizio dell’atto, ma può solo, quale convenuto, eccepire la propria buona fede.

L’azione di annullamento è un’azione costitutiva, modificando una situazione pregressa: il negozio aveva prodotto i suoi effetti, la sentenza di annullamento li elimina.

È da ritenere che l’annullamento si estenda a quegli atti (pur non espressamente indicati nel decreto di apertura) preliminari, accessori, consequenziali rispetto a quelli contemplati nel decreto medesimo (Tagliaferri, 2015).

Anche all’interno dell’amministrazione di sostegno trova spazio la categoria della nullità, che colpisce tanto gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno assistente ove manchi il consenso del beneficiario o questi sia espressamente e consapevolmente dissenziente quanto quelli posti in essere dall’amministratore, rappresentante o assistente, in violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c. o sprovvisto di alcun potere. L’art. 412, comma primo, c.c., nello stabilire le fattispecie che danno luogo all’annullamento, si riferisce solo agli atti compiuti dall’amministratore di sostegno “in eccesso” rispetto a quanto stabilito dal giudice tutelare; ne consegue che i negozi posti in essere dall’amministratore senza averne i poteri o in quanto decaduto per scadenza del termine, configurando ipotesi più gravi di quelle che danno luogo all’annullamento, sono colpiti dalla più grave sanzione della nullità, con la conseguenza che non producono effetti fin dall’inizio.

Per la giurisprudenza, segnaliamo Cass. 21 luglio 2003, n. 11344, che, decidendo una fattispecie inquadrata nell’art. 374 n. 5 c.c. (giudizio promosso dal tutore nell’interesse dell’incapace senza la prescritta autorizzazione), ha stabilito che tale violazione configura “un vizio di legittimazione processuale che determina la radicale nullità dell’intero giudizio e, non attenendo a materia disponibile, deve essere rilevato, anche d’ufficio, dal giudice. L’autorizzazione, infatti, è un presupposto necessario per la regolare costituzione del rapporto processuale…”. Tale norma è applicabile anche all’amministrazione di sostegno, stante l’espresso richiamo contenuto nell’art. 411 c.c.


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