20.09 - Responsabilità penale: le principali ipotesi di reato che possono riguardare l’amministratore di sostegno

La natura di pubblico ufficiale comporta l’applicabilità all’amministratore di sostegno di alcune fattispecie di reato proprio.

Ad avviso della Cassazione è integrato il reato di peculato laddove l’amministratore di sostegno si appropri di somme di denaro appartenenti alla persona incapace di provvedere ai propri interessi, somme che erano state ricevute dall’amministratore di sostegno in funzione dell’ufficio rivestito (in questo senso Cass. 50754 del 3.12.2014). Anche in un’altra ipotesi l’amministratore di sostegno è stato ritenuto colpevole di peculato in una fattispecie nella quale l’amministratore di sostegno si era appropriato dei soldi presenti sui c/c intestati alla vittima prelevandoli con bonifici, assegni circolari, operazione bancomat e pagamenti vari (in questo senso Cass. di data 21.12.2018 n. 58237).

Come afferma la Cassazione la condotta è ravvisabile solo in presenza di una violazione sostanziale della utilizzazione dei fondi o dei beni dell'amministrato per finalità estranee all'interesse dello stesso. Per la configurazione del reato non è quindi sufficiente il semplice mancato rispetto delle procedure previste per l’effettuazione delle spese nell’interesse del beneficiario, occorrendo la sussistenza di una condotta appropriativa o comunque che si risolva nell'uso dei fondi o dei beni per finalità estranee all'amministrato (Cass. n. 29617 del 19.5.2016). 

Nelle fattispecie prese in esame dalla Cassazione la persona nominata amministratore di sostegno aveva la disponibilità delle somme oggetto di appropriazione per il fatto che da parte del giudice tutelare con il decreto di nomina era stata data all’amministratore di sostegno la gestione del patrimonio del beneficiario

Altra fattispecie di reato che l’amministratore di sostegno può commettere a danno del beneficiario è l’abuso d’ufficio.

E’ noto che uno degli obblighi principali dell’amministrazione di sostegno è quello indicato nell’art. 410 c.c., il quale stabilisce che l’amministratore deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso.

Nel caso in cui, invece, l’amministratore agisca ignorando tale obbligo potrebbe incorrere nell’abuso d’ufficio, se con tale comportamento intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto. In un caso la Cassazione ha ravvisato un abuso d’ufficio per il fatto che si era in presenza di una distrazione che, seppure non finalizzata a un profitto proprio, si era concretizzata in un uso indebito del bene (Cass. 20.9.2019 n. 38875). 

Si è ravvisato in altra ipotesi il reato di abuso d’ufficio nel caso in cui l’amministratore di sostegno non si era astenuto dal compiere un fatto nonostante la presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Nella fattispecie l’operazione una volta portata a termine quand’anche non tale da comportare necessariamente l’acquisizione del bene aveva comunque determinato un uso indebito del bene in quanto finalizzato a soddisfare in misura preponderante interessi privati dell’amministratore di sostegno. 

Ulteriore reato ipotizzabile è quello di falso previsto dall’art. 479 c.p. che punisce il pubblico ufficiale che nell’esercizio del suo incarico renda una falsa attestazione.

Nel caso dell’amministrazione di sostegno tale circostanza potrebbe verificarsi qualora il medesimo dichiarasse falsamente che il beneficiario si trova in condizioni di indigenza, per poter così beneficiare di determinati contributi economici.

Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato è sufficiente il dolo generico e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione. Tale delitto si verifica, dunque, non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.

Dubbia è l’applicabilità all’amministratore di sostegno del reato di abusi di mezzi di correzione o di disciplina. Da parte della Cassazione è stata esclusa l’applicabilità di detta fattispecie di reato nel caso di chi abbia assunto i soli compiti limitatamente all’ambito della tutela patrimoniale del beneficiario e non implicanti competenze educative, né poteri-doveri di cura e custodia della persona (Cass. di data 21.11.2019 n. 1222 relativa ad una fattispecie in cui la Corte ha escluso potersi riqualificare il reato di maltrattamenti nella fattispecie di abuso ex art. 571 c.p., in ragione dell'età avanzata della vittima e dell'insussistenza in capo all'amministratore di sostegno dello "jus corrigendi"). A diversa conclusione si dovrebbe viceversa pervenire nel caso in cui l’amministratore di sostegno fosse stato nominato anche per farsi carico personalmente della cura e della persona dell’amministrato.

Il contenuto dell’incarico previsto dal decreto di nomina costituisce elemento decisivo anche per la possibile configurabilità in capo all’amministratore di sostegno del reato di abbandono di persona incapace di cui all’art. 591 c.p.: anche in tale ambito la Cassazione ha avuto modo di chiarire infatti che il reato può essere configurabile in capo all’ads solo nel caso in cui quest’ultimo sia investito di una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell’incolumità individuale del beneficiario, e non abbia solo un incarico di assistenza nella gestione patrimoniale (Cass. Pen. 26 febbraio 2016, n. 7974).


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