01.08 - E’ vero che in ambito sanitario il beneficiario è tendenzialmente sovrano, anche se privo di lucidità?

Queste questioni verranno analizzate nel capitolo dedicato ai trattamenti sanitari.

In linea di massima il principio della tendenziale sovranità del beneficiario, che trova già una sua pienezza nell’ambito delle decisioni di carattere patrimoniale, appare ancora più centrale e significativo in ambito sanitario. Il problema riguarda soprattutto l’ammissibilità di un dissenso, da parte dell’interessato, rispetto alle indicazioni fornite dal medico o dall’ads. La chiave di volta della risposta è tendenzialmente quella volta a verificare se ciò che spinge il beneficiario a dissentire faccia proprio parte del nucleo “deviato” di cui alla malattia mentale. Ove così non sia il beneficiario resta totalmente sovrano ed il suo dissenso sarà giustificato. Ad esempio uno schizzo-frenico può certamente scegliere lui una dentiera più bianca o meno bianca di quella che gli viene proposta; il depresso si sceglie lui il tipo di analgesico.

Su questa materia è intervenuto anche il legislatore con la legge sul consenso e informato e direttive anticipate di trattamento del 22 dicembre 2017 numero 219.

Il passaggio che interessa è quello dell’articolo 3 comma 4 in cui il legislatore fa riferimento ad una categoria non del tutto esplicita nel testo della legge n.6/2004, ovvero la categoria della rappresentanza esclusiva, che invece il legislatore del 2017 prospetta per l’appunto con riguardo alle scelte del fine vita e, stante quanto è possibile arguire, con riferimento più ampio alla materia sanitaria.

Sembrerebbe dunque che il Giudice Tutelare possa conferire all’AdS il potere di decidere lui in ambito sanitario anche contro il parere dell’interessato.

Una indicazione del genere, di per sé impeccabile in ambito economico, è apparsa invece sconcertante a qualche interprete, con riguardo al comparto sanitario. In particolare il Giudice Tutelare di Pavia con l’ordinanza del 24 marzo 2018 ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, la quale ha tuttavia, con sentenza n. 144 del 13 giugno 2019, si è pronunciata per la correttezza costituzionale di tale indicazione.

Sostanzialmente la Corte ha affermato che di questioni del genere è competente non già la legge del 2017/219, bensì quella del 2004/6, ed ha poi lasciato intendere che si può aver fiducia che il giudice tutelare saprà ben esercitare i poteri che la legge gli conferisce ed introdurre quindi l’ipotesi di rappresentanza esclusiva sanitaria solo laddove questa sia effettivamente giustificata. Certamente la questione resta assai delicata e si capisce perché nella proposta di Riforma Cendon-Rossi- il punto sia stato messo al centro di una specifica riforma legislativa intestata al cosiddetto “Patto di Rifioritura”.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?