12.13 - Durante il giudizio per la revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione, può essere aperta l’amministrazione di sostegno?

L'art. 429, ultimo comma, c.c. recita: "se nel corso del giudizio per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione appare opportuno che, successivamente alla revoca, il soggetto sia assistito dall'amministratore di sostegno, il tribunale, d'ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione degli atti al giudice tutelare". In tale ipotesi la necessità di mantenere l'interdizione o l'inabilitazione viene meno a seguito della possibilità di applicare la nuova e prioritaria misura dell'amministrazione di sostegno, nel senso che dev'essere revocata l'interdizione o l'inabilitazione che oggi non sarebbe stata pronunciata.

La Suprema Corte (Cassazione civile sez. I, 04/04/2014, n.7999) ha precisato che appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonchè tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. Al riguardo la Cassazione ha ribadito che  l'amministrazione di sostegno ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza efficace e flessibile: infatti il suo ambito di applicazione si distingue dall'interdizione e dall'inabilitazione non già per il grado (diverso e meno intenso) di infermità o impossibilità di attendere agli interessi del soggetto, ma per la maggiore idoneità dello strumento a venire incontro alle esigenze della persona bisognosa, sacrificandone nella minore misura possibile la capacità di agire. 

Quanto alla giurisprudenza di merito,  vanno segnalate le pronunce di Trib. Bari, sent. 23.3.2009, in www.leggiditaliaprofessionale.it, a cui era stata presentata dal P.M. un'istanza di revoca dell'inabilitazione di un soggetto dallo stesso P.M. dichiarato "in tali condizioni di infermità da non poter provvedere autonomamente ai suoi interessi e da far risultare idonea la misura dell'amministrazione di sostegno": il Tribunale barese ha accolto la domanda di revoca, trasmettendo gli atti al giudice tutelare; Trib. Trieste, sent. 23.8.2006 (citata nel decreto del 18.9.2006, in www.personaedanno.it,) e Trib. Bologna, sent. 26.7.2006, in www.personaedanno.it, che hanno revocato l'inabilitazione, disponendo con separata ordinanza la trasmissione degli atti al giudice tutelare. In senso leggermente diverso e segnatamente in applicazione dell'art. 429, comma secondo, c.c., v. Trib. Roma, 15.2.2005, in www.personaedanno.it, 3/2005 , che, avendo ritenuto essere venuti meno i presupposti applicativi dell'inabilitazione, ha informato il P.M. del sopravvenuto venir meno della causa dell'inabilitazione, invitando il curatore dell'inabilitata a proporre ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno.

Un condivisibile indirizzo giurisprudenziale ritiene che la revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione non abbia quale presupposto necessario un mutamento in senso migliorativo della condizione psichica della persona rispetto all'epoca di pronuncia dell'interdizione, ben potendo essere disposta "anche e soprattutto sulla base della rivalutazione dello strumento di protezione da adottare, a seguito dell'entrata in vigore della riforma sull'amministrazione di sostegno" (così Trib. Trieste, sent. 5.10.2006, in Giur. It., 2007, 84 e ss.). Nello stesso senso, Trib. Bologna, sent. 26.7.2006, in www.personaedanno.it Trib. Piacenza, sent. 29.12.2008, n. 970, inedita, nella cui pregevole motivazione si legge che: "la previsione di cui all'art. 429 c.c., rubricato "revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione", nella sua portata generale consente una valutazione del soggetto debole non solo all'esito di un esame in fatto delle sue condizioni, qualora esse siano migliorate, ma anche quando siano peggiorate, o siano rimaste immutate, purché, a seguito di una modifica del quadro normativo, in epoca successiva alla sentenza da revocare, sia emerso un elemento nuovo di valutazione in precedenza insussistente, costituito dall'introduzione per innovazione legislativa di uno strumento di tutela più adeguato a soddisfare le esigenze del cosiddetto soggetto debole (…). Si vuole cioè evidenziare come tra le cause di revoca di una sentenza di interdizione o di inabilitazione debba essere necessariamente inclusa anche quella costituita dallo ius superveniens, in virtù del quale si debba ritenere, all'esito di un attento esame del caso di specie, che la misura pregressa non sia più adeguata al rispetto delle esigenze della parte, in quanto divenuta eccessiva. Se così non fosse, si verificherebbe un ingiustificato diverso trattamento tra soggetti in condizioni di difficoltà del tutto analoghe e con identità di esigenze sol perché le loro problematiche sono state sottoposte alla valutazione del Tribunale in epoche differenti".

Il Tribunale di Mantova (Tribunale Mantova, 19/07/2016) in base ad una interpretazione estensiva dell’art. 429 c.c. ha ritenuto che “qualora, pur non essendo venuta meno la causa dell’inabilitazione, siano accertati come insufficienti il controllo e l’assistenza del curatore previsti unicamente per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, allo scopo di assicurare la misura di protezione che meglio possa rispondere alle esigenze dell’interessata, il Tribunale può disporre la revoca dell’inabilitazione e la trasmissione degli atti al giudice tutelare, per l’applicazione della misura dell’amministrazione di sostegno ritenuta più idonea nell’assistenza al compimento di atti di ordinaria amministrazione, anche con riferimento ad atti specifici”.

Infine va segnata la pronuncia del Tribunale di Treviso (T. Treviso 11.5.2016), che precisa “come non si possa impedire al soggetto, che abbia dimostrato di essere in grado di provvedere in forma sufficiente alle proprie quotidiane ed ordinarie esigenze di vita, il compimento, con il supporto di un amministratore di sostegno, di atti di gestione ed amministrazione del patrimonio posseduto, restando affidato al giudice tutelare il compito di conformare i poteri dell'amministratore e le limitazioni da imporre alla capacità del beneficiario, in funzione delle esigenze di protezione della persona e di gestione dei suoi interessi patrimoniali, ricorrendo eventualmente all'ausilio di esperti e qualificati professionisti del settore”.  


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