Certamente sì, e a tale riguardo l'art. 418 c.c. ("Poteri dell'autorità giudiziaria") dispone la rimessione al giudice tutelare, d'ufficio o ad istanza di parte, del procedimento avente per oggetto l'interdizione o l'inabilitazione, qualora si profili l'opportunità di applicare l'amministrazione di sostegno. In tale ipotesi il giudice competente per l'interdizione o per l'inabilitazione può, in virtù dell'art. 405, comma quarto, c.c., ove ne sussista la necessità, adottare anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona e per l'amministrazione del patrimonio e può altresì nominarle un amministratore di sostegno provvisorio, indicando gli atti che è autorizzato a compiere.
La valutazione circa l'adeguatezza della protezione che l'amministrazione di sostegno - anziché l'interdizione - potrebbe garantire alla persona viene operata dal Collegio (competente per la pronuncia dell'interdizione) con il rigetto della domanda di interdizione e la trasmissione degli atti al giudice tutelare, a cui compete l'accertamento finale circa l'idoneità dell'amministrazione di sostegno, la nomina dell'amministratore e l'attribuzione a questi dei relativi poteri. In tal senso si è pronunciata anche la Cassazione, con la sentenza del 28.5.2007 n. 12466.
Problema non ancora del tutto risolto in maniera uniforme è quello della forma (ordinanza o sentenza) del provvedimento di diniego della misura più invasiva e di trasmissione degli atti al giudice tutelare per la decisione sull'applicabilità o meno dell'amministrazione di sostegno.
Taluni Tribunali hanno disposto la trasmissione con ordinanza del fascicolo al giudice tutelare, davanti a cui il procedimento è continuato secondo il rito relativo all'amministrazione di sostegno, trattandosi di semplice mutamento del rito. Seguendo siffatto orientamento, viene fatta salva la continuazione del procedimento, con facoltà per il giudice tutelare di utilizzare le eventuali attività istruttorie espletate dal Tribunale prima della trasmissione degli atti (esame dell'interdicendo, c.t.u., prova per testimoni, ecc.) e senza la necessità di conferire nuova procura all'eventuale difensore.
Altri, invece, optano per la definizione del giudizio di interdizione con una sentenza e con la trasmissione degli atti al giudice tutelare con separata ordinanza.
Laddove il giudice tutelare, a cui sia stato trasmesso il fascicolo dal Tribunale adito con il ricorso per interdizione, non sia d'accordo con l'orientamento di quest'ultimo circa la sussistenza degli estremi per aprire l'amministrazione di sostegno, può pronunciare decreto di rigetto motivato e, in applicazione estensiva dell'art. 413, comma quarto, c.c., può informare il pubblico ministero se ritiene che debba essere promosso il giudizio di interdizione o di inabilitazione.