12.06 - E’ prevista la responsabilità aggravata ex art.96 c.p.c?

Come si è detto nel precedente paragrafo, nel procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno la giurisprudenza si è spinta a riconoscere l’estensione della disciplina normativa sulla responsabilità aggravata ex art.91 c.p.c. 

Giova a tal proposito rilevare che nella recentissima ordinanza  del 6 agosto 2020 n.16736 (in banca dati De Jure Giuffrè Lefebrve), la Corte di Cassazione  ha ribadito un principio espresso quarantasei anni prima, secondo cui “in generale, l'art. 96 c.p.c., nei suoi tre commi, disciplina la responsabilità per i danni causati dall'attività di parte in qualsiasi tipo di processo: non soltanto nei processi cognitivi, cautelari ed esecutivi, ma anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione (Cass. 1251/1974)”. 

Il caso riguarda il ricorso in Cassazione di una donna avverso il decreto con cui la Corte di Appello di Bologna aveva respinto il reclamo contro la decisione del Giudice tutelare del Tribunale di Rimini che, a sua volta, aveva negato l'apertura dell’amministrazione di sostegno richiesta dalla stessa in favore del genitore, condannandola per lite temeraria. 

I giudici d'appello, nel confermare interamente il provvedimento del Giudice Tutelare, rilevavano che nel procedimento di primo grado la ricorrente- reclamante non aveva prodotto alcun idoneo documento sanitario, mentre era stato prodotto ex adverso un certificato medico attestante la pienezza delle facoltà cognitive e volitive dell'amministrando, senza necessità di approfondimenti istruttori ed alla luce di tali considerazioni, ad avviso della Corte andava altresì confermato il provvedimento di condanna della ricorrente per lite temeraria. 

Nel ricorso per cassazione , con il primo motivo, la ricorrente lamenta , la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 404 e 407 c.c., per non avere la Corte d'appello ritenuto necessario disporre un approfondimento diagnostico sulla persona dell'amministrando, confermando la ricostruzione del quadro clinico effettuata dal giudice tutelare unicamente sulla base di una certificazione del medico curante, malgrado i gravi episodi di violenza narrati nell’atto introduttivo del primo grado; con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, degli artt. 91 e 96 c.p.c., in punto di condanna alle spese, disposta in primo e secondo grado. Lamenta, inoltre che la condanna per lite temeraria non poteva essere irrogata in mancanza di espletamento della chiesta consulenza tecnica medico-legale al fine di accertare l'effettivo possesso delle facoltà psichiche in capo al genitore.

La Corte di Cassazione - pur accogliendo il (secondo) motivo (“perché “fondata la denuncia di carenza in concreto dei presupposti per la disposta condanna) -  evidenzia  come la doglianza della ricorrente non sia corretta, “in quanto la condanna per la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c., comma 3, è conseguita alla soccombenza nel giudizio ed all'accertamento di un fatto illecito”.

L’ordinanza in commento appare di particolare interesse per il tema qui trattato, alla luce del fatto che la Suprema Corte- nell’accogliere il motivo del ricorso riguardante la condanna alla lite temeraria-non nega l’applicabilità delle disciplina normativa in tema di responsabilità aggravata al procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, ammettendo, tramite il richiamo alla risalente pronuncia“(Cass. 1251/1974), l’estensione della disciplina in tema di responsabilità aggravata ai procedimenti di volontaria giurisdizione. 

Sul tema si ritiene utile segnalare anche il decreto del Tribunale di Rimini, 29 giugno 2016 (Giudice Tutelare On. Dott.ssa Liveran in: www.ilforomalatestiano.it), verosimilmente coincidente con il provvedimento impugnato innanzi alla Corte d’Appello di Bologna nel caso sopra rappresentato ma che dalla citata sentenza della Corte di Cassazione non sembra possibile individuare con certezza.

Con tale decreto, il Giudice Tutelare riminese ha rigettato la richiesta di nomina dell’amministrazione di sostegno - proposto da una figlia nei confronti del padre divorziato - condannando la ricorrente, oltre che al pagamento delle spese di lite, anche al risarcimento dei danni ex art.96 comma 3 c.p.c.

Il Giudice - dopo aver dato atto della mancanza di documentazione medica attestante uno stato di incapacità del beneficiando e della circostanza che nel corso dell’esame, quest’ultimo “si era relazionato adeguatamente con il giudice, rispondendo alle domande, nonché mostrando sicurezza e padronanza di linguaggio, capacità cognitive e mnesiche al di sopra della media e carattere estremamente volitivo - rileva che il ricorso “qualora si appalesi svolto per questioni essenzialmente di natura economica e patrimoniale, deve essere rigettato per infondatezza, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite ed al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art.96 comma 3 c.p.c., quantificato in un importo pari a quello liquidato a titolo di compensi professionali (al netto degli accessori)”.

Il decreto in parola cattura l’interesse del lettore non solo per l’apertura alla condanna per responsabilità aggravata ma, anche, e soprattutto, per la lucida applicazione della norma, la cui interpretazione, ad avviso di chi scrive, coglie l’esatta ratio dell’istituto protettivo dell’amministrazione di sostegno. 

Nelle motivazioni del decreto  si legge, infatti, ”il ricorso per la nomina di amministratore di sostegno, in presenza di un conflitto familiare attinente essenzialmente a questioni di natura economica e patrimoniale, per malcelata sfiducia, nel caso di specie, della ricorrente nei confronti del padre, che aveva scelto di contrarre nuovo matrimonio, si appalesa contrario alle finalità di tutela della persona e delle sue difficoltà personali perseguite dalla procedura di cui all’art.404 c.c. ed addirittura idoneo a comportare una arbitraria ed illegittima compromissione dei diritti  di una persona”. 

Da ultimo non ci si può esimere dall’evidenziare come i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di condanna alle spese e di responsabilità aggravata nei procedimenti camerali e segnatamente l’estensione analogica del principio generale dettato dall’art.91 c.p.c., di cui sopra si è detto, non siano di facile ed indiscriminata applicazione nel tipo di procedimento che interessa la presente trattazione. Ciò per via della delicatezza della materia, nella quale la sola rigida applicazione della norma giuridica non sempre è in grado di dare risposta all’impellente necessità di protezione della persona fragile e dei suoi famigliari. 

La peculiarità della disciplina a cui afferiscono i procedimenti oggetto della presente trattazione deve certamente indurre il giudicante ad una valutazione accurata del singolo caso, posto, anche, che, non di rado, l'apertura dell'amministrazione di sostegno costituisce un vantaggio oltre che per il destinatario della misura di protezione anche per il richiedente e, talvolta, per l'intera famiglia. 

A tanto v’è da aggiungere che la condanna alle spese del beneficiando, quandanche giuridicamente corretta, potrebbe scontrarsi con ragioni di ordine etico; a tal proposito sia bastevole considerare che la resistenza alla richiesta di nomina dell’Amministratore di sostegno può riguardare anche una persona con funzioni cognitive compromesse.


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