01.13 - Altra parola frequente tra gli interpreti è quella della "sussidiarietà". Cosa si intende con questa espressione?

Si intende l’opportunità di rinunciare a far capo all’ADS ogni qualvolta la persona in difficoltà possa vantare una rete di protezione sufficiente a tranquillizzare circa il fatto che non vengano commessi, da parte dell’interessato, errori o omissioni significativi nella vita quotidiana.

Quando cioè la persona fragile:

  1. Accusi ombre gestionali che teoricamente potrebbero essere preoccupanti;
  2. Non si trovi nella necessità di dover compiere nell’immediato atti giuridici che postulano una pienezza di lucidità legal/civilistica;
  3. Riveli di fatto di essere circondato da un tessuto familiare, condominiale, di quartiere, metropolitano, di sostegno concreto da parte dei servizi socio sanitari, tale appunto da tranquillizzare circa un buon “sostegno di fatto” a favore del soggetto debole; ebbene ricorrendo queste condizioni giustamente si sottolinea che la migliore conclusione è almeno nel breve tempo quella di lasciare le cose come sono, evitando di far luogo all’attivazione dell’ADS. 

Alla base di tale linea di politica del diritto si fanno valere abitualmente le seguenti considerazioni:

-     La giustizia ha comunque dei costi, e la giurisdizione volontaria non fa eccezione a questa regola: meglio evitare, finche è possibile, spese inutili.

-     Il numero dell’ADS appare oggi in forte crescita, perlomeno in tutta una serie di ambienti, il risultato è che certi uffici giudiziari appaiono intasati dalle richieste di nuovi decreti o di aggiornamenti statutari ai vari pacchetti di ciascun beneficiario: meglio quindi alleggerire il più possibile questi carichi troppo pesanti che, dato anche il basso numero dei GT o dei GOT destinabili, si traducono fatalmente in un grosso rallentamento delle pratiche e tra loro purtroppo in una gestione affrettata e superficiale delle varie questioni.

-     Tutto ciò è tanto più vero nel caso in cui l’avvento dell’Ads, pur di per se misura non fortemente intrusiva come l’interdizione, mostri di essere vissuta dall’interessato o dalla sua famiglia come un intervento comunque burocratico e invasivo con tutti i contraccolpi che da ciò derivano sul terreno della quotidianità psicologica.

Si tratta evidentemente di indicazioni che valgono fino ad un certo punto: non appena vi siano atti formali di una certa importanza da concludere, o nel momento in cui la rete fattuale di sostegno non appaia poi così efficiente, è chiaro che lo scudo della sussidiarietà verrà meno e sarà inevitabile far capo all’attivazione del procedimento.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?