10.01 - Si può ricorrere al giudice per ottenere la nomina dell’AdS senza far capo al patrocinio dell’avvocato?

Deve dirsi, in primo luogo, che la natura di volontaria giurisdizione del procedimento non può comportare automatiche conclusioni, posta l'esistenza di procedimenti che se pure in forma camerale, affrontano contrasti su diritti soggettivi e, come tali, richiedono il patrocinio legale. Le stesse poche norme a disposizione si offrono a spunti e considerazioni ambivalenti: da un lato le forme procedimentali elastiche, la possibilità per lo stessa persona fragile di proporre il ricorso per la nomina dell'ADS, come pure la legittimazione attribuita ai responsabili dei servizi sociali o sanitari che hanno in cura il beneficiario (vds. art. 406 c.c.), la modificabilità ed integrabilità in ogni tempo, anche d'ufficio, da parte del G.T. delle decisioni assunte con il decreto di nomina dell'ADS (cfr. art. 407 u.c. c.c.) depongono chiaramente a favore della tesi della non necessità dell’avvocato.

Dall'altro, il necessario intervento del P.M., la possibilità che con il decreto di nomina dell'amministratore siano applicate decadenze e limitazioni proprie degli istituti dell'interdizione o inabilitazione (art. 411 ult.c. c.c.) e la ricorribilità in Cassazione prevista dall'art. 720 3° co. c.p.c. contro il decreto della Corte d'Appello che decide il reclamo avverso al decreto del G.T., sono tutti elementi favorevoli all'applicazione delle disposizioni in tema di difesa tecnica (che lo stesso art. 82 2° e 3° co. c.p.c. sembra configurare come regola generale salvo eccezione espressa).

Sulla problematica della necessità o meno del patrocinio legale nel procedimento volto alla nomina di ADS si è espressa Cass. 29 novembre 2006, n. 25366, sostenendo in motivazione che il richiamo alla natura del procedimento come di volontaria giurisdizione non sia risolutivo al fine di stabilire se il ricorrente debba farsi rappresentare da un avvocato, stante la ricorrente introduzione da parte del legislatore, nell'ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione, di norme impositive dell'onere del patrocinio, in ragione della esigenza sempre più avvertita del rispetto delle garanzie dirette a realizzare la pienezza del diritto di difesa anche in relazione a procedimenti siffatti. La Corte ricorda, quali esempi di tale progressiva tendenza: in materia di adozione, la l. n. 184 del 1983, art. 10 come modificato dalla l. n. 149 del 2001, art. 10 — la cui efficacia, quanto alle disposizioni processuali nella stessa contenute, è, peraltro, tuttora sospesa, per effetto delle reiterate proroghe disposte —, il quale impone la presenza del difensore sin dal primo atto del procedimento relativo all'accertamento dello stato di abbandono del minore, nonché la prescrizione, contenuta nella stessa l. n. 149 del 2001, art. 37, che nei procedimenti camerali di ablazione o di limitazione della potestà genitoriale regolati dal codice civile (artt. 330, 333, 336) i genitori e il minore siano assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; ed ancora la (oggi abrogata) disciplina del processo societario prevedeva la necessità della difesa tecnica per tutti i procedimenti camerali di giurisdizione volontaria bi- o plurilaterali, mentre la considera facoltativa per i procedimenti unilaterali (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 25, 3° co.).

Tanto ricordato, afferma il S.C. che il procedimento per la nomina di ADS non può in alcun modo ricondursi, né dal punto di vista strutturale né da quello funzionale, al procedimento di interdizione. In questa materia non casualmente è chiamato ad intervenire un organo come il giudice tutelare, cioè una figura cui sono normalmente affidate funzioni riconducibili all'amministrazione di interessi ed alla vigilanza ed al controllo (più che alla soluzione di controversie tra parti che contendano su di un diritto), da esercitare attraverso un procedimento in relazione al quale l'ordinamento non conosce casi in cui sia richiesto l'onere della difesa tecnica. Ne consegue che detto giudice in questo tipo di "processo", anche ad istanza dello stesso interessato, procede alla nomina dell'amministratore e si limita, in via di principio, ad individuare gli atti in relazione ai quali ne ritiene necessario l'intervento, senza peraltro determinare una limitazione generale della capacità di agire del beneficiario. Egli, infatti, non si muove, come il giudice della interdizione, nell'ottica dell'accertamento della incapacità di agire della persona sottoposta al suo esame — finalizzato essenzialmente alla difesa degli interessi dei familiari, che potrebbero subire pregiudizio dalla sua condotta, oltre che dei terzi che vengano con essa in contatto — ma nella diversa direzione della individuazione, nell'interesse del beneficiarlo, dei necessari strumenti di sostegno con riferimento alle sole categorie di atti al cui compimento lo ritenga inidoneo. La conclusione cui arriva il S.C., alla luce di dette premesse, appare plausibilmente collegata alle circostanze del caso concreto: nelle ipotesi fisiologiche e statisticamente più frequenti in cui l'ADS debba essere in concreto applicata lasciando spazi residui alla capacità del soggetto, riguardi l'affidamento all'amministratore di compiti di sostegno o rappresentanza, concerna il compimento di atti specifici, non è necessario che le parti ed il beneficiario in particolare siano assistiti da un difensore. Allorché, invece, in concreto ed anche al di là delle iniziali richieste, risulti necessario con il decreto di nomina dell'ADS far luogo a decadenze od effetti incapacitanti propri dell'interdizione (vds. art. 411 c.c.), allora "scatta" la necessità della nomina del difensore e, più in particolare, occorrerà consentire al beneficiario la tutela dei propri diritti di difesa attraverso la possibilità di nomina di un legale. Si configura così, nel pensiero dei giudici di legittimità, una sorta di patrocinio legale "secundum eventum litis".

Tale conclusione è stata più recentemente ribadita dagli stessi giudici di legittimità, con le decisioni rese da  Cass. 7 dicembre 2011, n. 26365 e Cass. 20 marzo 2013, n. 6861.


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