01.02 - Quali furono allora i passaggi?

Venne indetto per iniziativa sia dell’Università di Trieste, sia dell’ex manicomio di San Giovanni, un grosso convegno che si tenne alla Stazione Marittima di Trieste alla fine del giugno 1986. Fu l’occasione in cui vennero valutate da una assise composta da esperti di molte materie, tutti i più importanti ordini di risposta forniti in quel momento dal diritto italiano sul terreno dell’infermità di mente: istituti di protezione, famiglia, successioni, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale e così via. Al termine dell’incontro un gruppo di giuristi si cimentò nella messa a punto di una bozza che cercasse di introdurre nell’ordinamento italiano nuovo un istituto di protezione civilistica riservato non solo agli infermi di mente bensì a tutti i soggetti fragili e che venne subito battezzato “Amministrazione di Sostegno”. La proposta di riforma fu subito pubblicata su alcune riviste e cominciò a circolare. Le reazioni non solo dell’ambiente universitario, ma anche di quello degli operatori e delle associazioni di familiari furono, in larga misura, positive. Non va dimenticato che già in quegli anni esistevano in Europa paesi che avevano imboccato, ciascuno a suo modo, la strada di una protezione degli infermi di mente più morbida e delicata della vecchia interdizione. Si profilava insomma l’assurdità di una Italia che era all’avanguardia in Europa sotto il profilo del mantenimento/abbattimento dei manicomi, ed era invece la retroguardia sotto il profilo civilistico.

La bozza triestina venne presentata in Parlamento agli inizi degli anni 90 per iniziare il suo cammino tra Camera e Senato, sino all’approvazione definitiva che avvenne tra l’autunno e l’inverno 2003. 

Sin dall’inizio, e al di là di qualche suggerimento in senso opposto, era prevalsa l’idea di introdurre il nuovo istituto all’interno, e non già al di fuori, del codice civile. La legge fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 9 gennaio 2004 numero 6 ed entrò in vigore tre mesi dopo.

Va sottolineato sin d’ora che il legislatore ha approfittato della situazione per rivoluzionare l’architettura di tutti i mezzi di protezione. La vecchia rubrica recitava “Dell’infermità, dell’interdizione e dell’inabilitazione”. La nuova rubrica oggi suona invece così “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”.

E’ rimasto fuori codice un primo articolo della legge che fornisce le linee guida generali della legge e che recita:  “La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. Tale previsione è stata però prevista nel progetto di legge presentato in Senato (atto numero 1972/2020) destinato alla abrogazione dell’interdizione e della inabilitazione nonché al rafforzamento dell’amministrazione di sostegno, ovvero esplicitarla all’interno dell’articolo 404 c.c. e precisamente al primo comma.

Seguono gli articolo 404/413 che disciplinano l’ads che è stata messa al primo posto nella scala legislativa, seguono gli articolo 414/432 che disciplinano l’interdizione e l’inabilitazione.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?