09.03 - E’possibile applicare analogicamente alla fase introduttiva del procedimento di sostegno le disposizioni processuali sull’interdizione?

Le norme codicistiche dedicate agli aspetti procedimentali connessi alla nomina dell'amministratore di sostegno sono scarne e lasciano all'interprete la necessità di colmare gli aspetti non disciplinati espressamente. A Tale riguardo si pone il problema dell'ambito applicativo dell'art. 720 bis c.p.c., introdotto dall'art. 17 comma 2 della legge 9 gennaio 2004, n. 6, che contiene una norma generica di chiusura affermando che "ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 712, 713, 716, 719 e 720".

E'infatti evidente che quanto più tale rinvio viene accolto, per non dire "abusato", tanto più si snatura la snellezza del procedimento di sostegno in favore di una maggiore complessità e tecnicità propria del giudizio di interdizione.

La "clausola di compatibilità" contenuta nel citato art. 720 bis c.p.c. non è messa a caso. In linea con quanto già osservato in ordine alla attribuzione al G.T. di questa materia, invece che al Tribunale in composizione collegiale, la necessità di ricorrere a norma integrative o all'analogia rispetto a disposizioni "altre" rispetto alla materia del sostegno, va esercitata riduttivamente.

È stato scritto e si condivide che: "la distanza che separa l'istituto dell'amministrazione di sostegno da quello dell'interdizione appare siderale ed è incolmabile. Si tratta di discipline giuridiche appartenenti a mondi lontanissimi, frutto di concezioni filosofiche dei valori umani molto distanti tra loro, espressione di fasi di sviluppo della coscienza collettiva diversi; l'una rappresenta ormai il passato, l'altra, il presente ed il futuro, oltre che la sensibilità dell'uomo moderno. I due mondi sono inconciliabili, nonostante gli aggiustamenti compiuti dal legislatore del 2004 per addolcire gli aspetti più arcigni ed anacronistici dell'interdizione".

Seguendo questa interpretazione e rifiutando, invece, impostazioni più formalistiche, la S.C. sembra aver decisamente optato per il ridimensionamento del rinvio contenuto nell'art. 720-bis c.p.c. dianzi citato, ritenendo che "la l. n. 6/2004 ha introdotto un istituto la cui disciplina presenta caratteristiche che lo distinguono, e lo contrappongono, nella sua stessa essenza ontologica, alle altre figure di "protezione degli impediti ad agire" ed ai corrispondenti modelli procedimentali già presenti nel nostro ordinamento positivo e rimasti peraltro in vigore... sul piano del "modello del procedimento" relativo all'amministrazione di sostegno si individuano precetti che — mentre sono sicuramente armonici e coerenti al nuovo istituto — risultano del tutto antinomici rispetto al pregresso sistema processuale ed alla sua ricostruzione da parte della dottrina e della giurisprudenza" (Cass. 29 novembre 2006, n. 25366).

La più recente Cass. 4 marzo 2020, n. 6079, ha precisato che l'amministrazione di sostegno può configurarsi come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore; può, invece, definirsi come amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione. Secondo il S.C. in questo secondo caso il beneficiato resta pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza.


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