09.02 - Perché è importante che la nomina sia affidata al Giudice Tutelare?

L'attribuzione della competenza al Giudice tutelare costituisce un evidente segnale per l'interprete. In linea con quelle caratteristiche di flessibilità e sussidiarietà della misura di sostegno, infatti, tale attribuzione segna una radicale diversità rispetto ai formalismi dei processi avanti al collegio, nel senso di attribuire la competenza a decidere ad un organo snello, "di prossimità", in grado di intervenire in tempi veloci, abituato a decidere senza particolari regole processuali che non siano strettamente funzionalizzate alla migliore tutela dell'interesse delle persone deboli.

La riforma vuole certamente concentrare in un solo soggetto sia il potere di decisione che quello (che al tempo stesso è un vero e proprio dovere) di ascolto del beneficiario, in modo da evitare le lungaggini ed il formalismo della relazione in camera di consiglio da parte del giudice istruttore, nella consapevolezza che la semplice lettura del verbale di udienza non potrà mai restituire ad organi decidenti che non abbiano direttamente partecipato all'esame del beneficiario, impressioni, atteggiamenti, tutto un coacervo di segnali corporei e di linguaggio non esclusivamente verbale, che possono essere a volte molto importanti al fine di ricostruire l'effettiva situazione e condizione del soggetto, nonché le sue concrete necessità ed aspirazioni.

Da questo punto di vista, peraltro, pur consapevoli delle difficoltà organizzative e della gravosità dei ruoli spesso affidati ai giudici tutelari, va vista negativamente quella prassi che in alcuni uffici giudiziari vede il momento dell'ascolto del beneficiario assegnato, quale sostituto, ad un giudice onorario, per lasciare il solo momento decisorio al G.T. Anche in questo modo, infatti, si spezza quella unitarietà di valutazione ed intervento, quella logica di oralità ed immediatezza della decisione che stanno alla base delle disposizioni procedimentali in tema di ADS, giustificandone la laconicità non come una semplice "dimenticanza" del legislatore, ma come il segno di una scelta assiologica che si impone all'interprete: deformalizzazione del procedimento e funzionalizzazione dello stesso al fine di conseguire il best interest della persona con fragilità. Obiettivi entrambi, giova aggiungere, che un'artificiosa scissione fra la fase di ascolto della persona priva di autonomia gestoria e la fase del giudizio potrebbe mettere in discussione.

In questa direzione appare particolarmente rilevante una decisione della S.C., a Sezioni Unite, secondo cui la ratio dell'istituto è quella di non attribuire al giudice tutelare una funzione puramente notarile, a garanzia della legittimità formale degli atti incidenti sulla sfera personale e patrimoniale della persona con fragilità, ma di tutelare effettivamente  quest'ultima, in quanto spetta al giudice il compito di modellare i poteri dell'amministratore di sostegno, e di stabilire, volta per volta, l'estensione in relazione alle necessità concrete e alle disponibilità finanziarie del beneficiario e di vigilare sulla sua attività (cfr. Cass. S.U. 24 gennaio 2020, n. 1606, con particolare rilievo al confronto periodico fra ADS e giudice, anche in sede di rendiconto annuale).


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