La competenza funzionale è riservata in via esclusiva al giudice tutelare, un organo giurisdizionale presente in ogni tribunale (art. 344 c.c.) ed impersonato da un magistrato dell’ufficio, tabellarmente proposto all’espletamento delle funzioni tutelari.
La competenza per territorio è radicata presso il giudice del “luogo in cui (la persona) ha la residenza o il domicilio” (art. 404 c.c.). Trattasi di fori alternativi che “operano a prescindere dal contenuto specifico del provvedimento richiesto, patrimoniale o non patrimoniale” (Chizzini 2007, 398 e nota 64). Il collegamento della competenza territoriale col luogo di residenza o domicilio della persona rimarca l'esigenza di prossimità e facilità di accesso al giudice monocratico investito della richiesta di sostegno (Farolfi 2014, 127). In modo particolare, la competenza per territorio si radica nel luogo di dimora abituale del beneficiario, più che nel luogo di residenza in considerazione dell'indicata esigenza di prossimità della persona col g.t. (Cass. 17 aprile 2013, n. 9389).
Dato che la legittimazione attiva ad introdurre il procedimento compete anche al P.M., il quale quindi può essere attore (art. 70, n. 1, c.p.c.) (Tommaseo 2005, 196 e nota 46; Chizzini 2007, 398), la competenza territoriale è inderogabile (art. 28 c.p.c.), cosicché l’incompetenza è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice ma “non oltre la prima udienza” (art. 38, 1° co., c.p.c.).
Agli effetti della competenza per territorio rileva la residenza effettiva della persona, prescindendo dalle risultanze anagrafiche, in analogia al criterio enucleato per il processo di interdizione ex art. 712 c.p.c. (Napoli 1995, 158; Campese 2004, 132 e nota 30; Masoni 2009, 474).
Data la palese diversità di presupposti, non è applicabile per analogia al beneficiario il criterio dettato per l’individuazione del domicilio del minore e dell’interdetto, rinvenibile presso la propria famiglia, ovvero, presso il tutore (art. 45, 2° e 3° co, c.c.) (Chizzini 2007, 399. Contra Tommaseo 2005, 196).
In sostanza, “il domicilio del beneficiario dell’assistenza di sostegno si determina alla stregua dell’ordinario criterio di cui al primo co. dell’art. 43 c.c.” (Cass., 16 novembre 2007, n. 23.743, ord.), come già aveva suggerito la dottrina (Chizzini 2007, 399); ossia, “il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi” (art. 43 c.c.).
La Suprema Corte ha poi di recente precisato (Ord. Sez. VI nr. 18682/2020) che il criterio in parola, in tanto può operare, in quanto la scelta residenziale o domiciliare della persona fragile sia da considerarsi libera, e scevra da condizionamenti di terzi.
Problema peculiare veniva ravvisato laddove il disabile cittadino italiano risiedesse all'estero. Ebbene, la Corte Costituzionale (Corte Cost. 18 febbraio 2010, n. 51, GC, 2010, 618;DF,2010, 1523,) ha ritenuto che competano al console le funzioni in materia di nomina dell'amministratore di sostegno, in forza di un'interpretazione evolutiva della disciplina di riferimento.
Questi principi devono oggi essere riletti alla luce delle disposizioni introdotte dal dlgs 3 febbraio 2011, n. 71, recante “Ordinamento e funzioni degli uffici consolari”. Si rintracciano quivi alcune disposizioni che riguardano, in particolare, l’adulto vulnerabile residente all’estero. Più nel dettaglio, la disciplina contenuta nell’art. 29 (Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno) prevede che competente a pronunciarsi sull'interdizione, sull'inabilitazione e sull'amministrazione di sostegno di cittadini residenti all'estero è il tribunale di ultima residenza in Italia. Se il soggetto interessato non ha mai avuto residenza in Italia, è competente il tribunale nel cui circondario si trova il Comune di iscrizione AIRE. Ai sensi dell’art. 33, il capo dell'ufficio consolare esercita nei confronti dei cittadini minorenni, interdetti, emancipati, inabilitati e sottoposti ad amministrazione di sostegno, residenti nella circoscrizione, le funzioni ed i poteri, in materia di tutela, di curatela, di assistenza pubblica e privata, che le leggi dello stato attribuiscono al giudice tutelare.