07.03 - E quando l’opposizione riguarda la persona dell’amministratore?

Nel caso in cui l'opposizione del beneficiando sia rivolta alla persona dell'amministratore, occorre tenere conto della volontà espressa dall'interessato (verificando se sia più o meno lucida, condizionata, influenzabile, ancora attuale) e avere esclusivo riguardo alla sua cura e ai suoi interessi (art. 408, comma primo, c.c.).

Il giudice tutelare può nominare un amministratore di sostegno diverso da quello designato dall'interessato mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata ex art. 408, comma secondo, c.c, o da quello da lui proposto nel ricorso introduttivo, ma soltanto per gravi motivi (art. 408, commi terzo e ultimo, c.c.). Per "gravi motivi" si intendono le gravi e accertate ragioni riferite alla figura dell'amministratore (probabile incapacità gestionale o disinteresse nella cura della persona, conflitto di interessi, incapacità di relazionarsi con il beneficiario, pregresso compimento di atti in frode a questi, conflitto parentale, ecc.), senza che possa avere il sopravvento il mero sospetto senza riscontri concreti, il "capriccio" familiare o il favor verso l'amministratore di sostegno professionista, favor che non trova alcun fondamento nella normativa, la cui ratio si pone in deciso contrasto con la professionalizzazione dell'amministratore di sostegno.

Il giudice può altresì adottare successivamente "gli opportuni provvedimenti", ossia rimuovere l'Ads, sostituendolo con altri, in caso "di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero negligenza per perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario" (art. 410, comma secondo, c.c.) e nell'ipotesi in cui l'amministratore abbia abusato dei suoi poteri, si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei o sia divenuto insolvente (art. 384 c.c., richiamato dall'art. 411, comma primo, c.c.). Anche nell'ipotesi di sostituzione (rectius, di rimozione) dell'amministratore "in corso d'opera", laddove vi sia contrasto con il volere del beneficiario andrà verificato l'esclusivo interesse di quest'ultimo, valutando l'operato dell'Ads nel suo complesso e, in particolare, se abbia trascurato la cura dell'amministrato o se gli abbia cagionato danni patrimoniali, o se, più in generale, non abbia perseguito i suoi interessi, né soddisfatto i suoi bisogni o le sue aspirazioni.

La specificità dell’Ads è insita nella sua flessibilità che esalta piuttosto che reprimere, la residuale capacità d’agire del beneficiario. Ciò posto, l’annosa questione circa i limiti e l’estensione dei poteri dell’amministratore di sostegno, vanno individuati in uno al ruolo del giudice, ai suoi poteri ed al loro espletamento nel tempo.

Nella decisione su un’eventuale nomina di amministratore di sostegno è necessario “non mortificare” la persona, evitando di ridurre, quanto più possibile, la limitazione della sua capacità di agire, senza intaccarne la dignità personale, anzi contribuendo a conservarla laddove sia realizzabile.

Ciò posto, la volontà contraria all’attivazione della misura, qualora provenga da persona pienamente lucida (ed è l’ipotesi che si verifica quando la limitazione di autonomia si collega ad un impedimento soltanto di natura fisica), deve essere debitamente considerata.

Quando però viene manifestato il dissenso da parte della persona sottoposta alla procedura, il giudice chiamato a risolvere il conflitto dovrà trovare un difficile equilibrio, affinché prevalga sempre il rispetto all’autodeterminazione dell’interessato.

Non tutte le situazioni possono essere oggetto della medesima disciplina, tant’è che è necessario distinguere il caso in cui la protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe (attivato in precedenza autonomamente dallo stesso disabile), da quello in cui la scelta della nomina dell’amministratore di sostegno va imposta qualora manchino supporti e la riluttanza della persona fragile si fonda su un senso di orgoglio ingiustificato, con il rischio di pregiudicare i suoi stessi interessi.

Nell’ipotesi in cui l’interessato sia una persona pienamente lucidae rifiuti il consenso o addirittura si opponga alla nominadell’amministratore (ed a fronte di tanto esista già una rete di protezione o assicurata dai familiari o dal sistema di deleghe,attivata autonomamente dall’interessato), il giudice non puòimporre misure restrittive alla sua libera determinazione; ove difettiil rischio di un’adeguata tutela dei suoi interessi e se taleeventualità dovesse verificarsi, si determinerebbe la violazione dei diritti fondamentali della persona, nonché quello di autodeterminazione e lesione della dignità personale dell’interessato.

A sostenere l'assunto è la stessa Corte di Cassazione sez. I Civile, sentenza n. 22602/17depositata il 27 settembre 2017, con la quale è stata rigettata la richiesta di nomina di Amministratore di sostegno avanzata dal figlio nei confronti del padre il quale si era opposto ritenendo la misura di protezione richiesta e pronunciata contro il suo volere, lesiva del best interest.

La Corte ha rilevato che la finalità della misura è quella di proteggere le persone fragili, ovvero coloro che si trovano in difficoltà nel gestire le attività della vita quotidiana e i propriinteressi o che addirittura si trovano nell’impossibilità di farlo. Dettatutela deve avvenire con la minore limitazione possibile della capacità di agire, così da non mortificare la persona beneficiata rispettando la sua autodeterminazione, quale valore fondamentale della persona umana.

Pertanto, tralasciando il caso in cui il beneficiario rifiuta la nomina di un amministratore di sostegno proprio a causa della sua patologia che lo rende inconsapevole del bisogno di essere aiutato, la sua diversa volontà non può non essere tenuta in debita considerazione dal Giudice che in tali casi, deve essere guidatodalla necessità di privilegiare il rispetto dell’autodeterminazione dell’interessato.


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