La disciplina contenuta nella L. n. 6 del 2004, che come è noto haintrodotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’amministrazione di sostegno, affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata allafattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la suacapacità.
La Suprema Corte ha da sempre chiarito (si richiama fra le tante Cass. Civ. sez. I, n. 22602 del 27/09/2017) che la finalità cui tendel’amministrazione di sostegno è esclusivamente quella di proteggere le persone fragili, ovvero coloro che si trovano in difficoltà nel gestire le attività della vita quotidiana e i propriinteressi, o che addirittura si trovano nell’impossibilità di farlo (art. 1, della Legge istitutiva, n. 6 del 2004: “(...) tutelare (...) le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana “.).
Tuttavia, nell’appena menzionato art. 1, si avvertono i destinatari delle prescrizioni normative che la tutela dell’amministrato deveavvenire: “con la minore limitazione possibile della capacità di agire (...)”.
A tal riguardo si è giustamente parlato dell’esistenza di una precisadirettiva di “non mortificare” la persona, da realizzare evitando oriducendo, quanto più possibile, la limitazione della capacità diagire dell’interessato così da non intaccare la dignità personaledel beneficiario (art. 2 Cost.), conservandogli il più possibile la capacità di agire.
Proprio in questa ottica il legislatore, all’art. 408 c.c., ha ammessola designazione preventiva dell’amministratore di sostegno daparte dello stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, valorizzandosi, così, il principio di autodeterminazione della persona, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, ed attribuendosi, quindi, rilievo al rapporto di fiducia interno fra il designante e la persona prescelta, che sarà chiamata ad esprimerne le intenzioni in modo vincolato” (Cass. Sez. 1,Sentenza n. 23707 del 2012).
L’istituto dell’interdizione ha assunto nel nostro ordinamentocarattere residuale perseguendo la legge 9 gennaio 2004, n. 6 l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno
temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie (cfr. fra le tante Cass. civ. n. 4866/2010 e Cass. civ. n. 22332/2011).
Suole, così, comunemente dirsi che il decreto di nomina è un vestito costruito su misura proprio per evidenziarsi che va realizzato caso per caso, in base alle esigenze del singolo e alle peculiarità dello stesso potendosi, apportare modifiche anche in itinere ogni qual volta si presentino cambiamenti nelle esigenze del beneficiario.
In questa ottica la legge ha anche previsto che Il beneficiariodell’amministratore di sostegnopossa opporsi al decreto dinomina dell’amministrazione di sostegno in suo beneficio qualorane abbia interesse.
Di recente, con l’ordinanza n. 29981/2020, laCorte di Cassazionenell’accogliere il ricorso proposto da una signoracontro il decreto del tribunale che disponeva l’apertura dell’amministrazione di sostegno nei suoi confronti su richiesta deifigli ha affermato il seguente principio di diritto “in tema di amministrazione di sostegno, l’equilibrio della decisione deve essere garantito dalla necessità di privilegiare il rispettodell’autodeterminazione della persona interessata”.
Dopo aver ribadito i presupposti di applicazione dell’istituto, laSuprema Corte ha ribadito che “la procedura, pur se non esigeche la persona versi in uno stato di vera e propria incapacitàd’intendere o di volere, presuppone comunque il riscontro di unacondizione attuale di menomata capacità che la ponganell’impossibilità di provvedere ai propri interessi; e quindi per conversoesclude che il sostegno debba esser disposto nei confronti di chi si trovi, invece, nella piena capacità di determinarsi, anche se in condizioni di menomazione fisica...”. L’istituto infatti “non può essere piegato ad assicurare la tutela diinteressi esclusivamente patrimoniali, ma deve essere volto, più in generale, a garantire la protezione alle persone fragili in relazione alle effettive esigenze di ciascuna, ferma la necessità di limitarenella minor misura possibile la capacità di agire” e a fronte della menomazione fisica determinata dalla cecità in cui versava laricorrente il provvedimento di nomina dell’amministratore disostegno risultava “invasivo della sfera della persona per ragioni diverse dalla tutela di essa” e distorsivo delle finalità propriedell’istituto.
Conclude, dunque, la Suprema Corte“...salvo che non siaprovocata da una patologia psichica, tale da renderel’interessato inconsapevole finanche del bisogno di assistenza,pure l’opposizione alla nomina costituisce espressione diautodeterminazione; e come tale non può non esser considerata dal giudice nel contesto della decisione che a lui si richiede; in altritermini, la volontà contraria all’attivazione della misura, oveprovenga da una persona pienamente lucida, non può non esser tenuta in debito conto; il che giustappunto si trae dal fatto che la condizione di ridotta autonomia, che si colleghi a menomazionisoltanto fisiche, è ben compatibile con l’esplicazione di unavolontà libera, consapevole e dunque, in base allo statuto deidiritti di ogni persona, non coercibile”.
I principi elaborati dalla Suprema Corte finalizzati a valorizzare la capacità di autodeterminarsi del beneficiario in sede di opposizione al decreto, devono ritenersi certamente applicabili in generale in relazione alle previste limitazioni della capacità diagire proprio nell’ottica di preservarla nella maggiore misurapossibile e di non mortificare le persone fragili.