07.01 - L’interesse alla protezione della persona prevale sul consenso o sul dissenso da questa espresso circa l’applicazione del rimedio nei suoi confronti?

Tale interesse prevale sul dissenso manifestato dalla persona circa l'applicazione della misura nei suoi confronti: ciò non esclude, comunque, che il consenso dell'interessato vada comunque ricercato. La Corte di Cassazione con la sentenza 1.3.2010, n. 4866ha stabilito che "non costituisce condizione necessaria per l'applicazione della misura dell'amministrazione di sostegno la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quanto meno accettato, il sostegno ed abbia indicato la persona da nominare".Nello stesso senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con la successiva sentenza n. 16770 del 2.10.2012, che merita di essere segnalata per il modo in cui approfondisce il tema del giusto punto di equilibrio tra il doveroso rispetto dell'autodeterminazione (ossia del consenso/dissenso del beneficiario) e il dovere di mettere in campo gli interventi necessari alla salvaguardia dei di lui interessi personali e patrimoniali, che, occorrendo, devono essere disposti anche a dispetto della volontà contraria dell'interessato.

In precedenza la Corte Costituzionale, con ordinanza 19.1.2007, n. 4, aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 407 e 410 c.c. in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., affermando che tale norma non solo non preclude, ma, anzi, chiaramente attribuisce all'autorità giudiziaria il potere di non applicare l'amministrazione di sostegno nell'ipotesi di dissenso dell'interessato, laddove, valutata la fattispecie concreta e in virtù della discrezionalità di cui dispone, ritenga tale dissenso giustificato e prevalente su ogni altra diversa considerazione.

La Corte ha poi ulteriormente rimarcato la circostanza che il rilievo del dissenso sia subordinato alla condizione della sua compatibilità con gli interessi e con le esigenze di protezione della persona non può integrare una violazione degli artt. 2 e 3 Cost., configurando invece una disposizione volta proprio alla realizzazione e alla tutela dei principi espressi in tali fondamentali norme.

DI recente la Suprema Corte ha precisato che “In tema diamministrazione di sostegno, nel caso in cui l'interessato sia persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore, e la sua protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe (attivato autonomamente dall'interessato), il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, ove difetti il rischio una adeguata tutela dei suoi interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona, di quello diautodeterminazione, e la dignità personale dell'interessato”(Cassazione civile sez. I, 27/09/2017, n.22602). Nella suddetta pronuncia la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che “ Tralasciando il caso in cui l'interessato rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore di sostegno, (proprio a causa della patologia psichica da cui egli è afflitto, ciò che lo rende inconsapevole del bisogno di essere aiutato e, per tale ragione, riluttante all'ingerenza di altri nella propria quotidianità), diversamente la volontà contraria all'attivazione della misura di sostegno, ove provenga da persona pienamente lucida (come si verifica allorquando la limitazione di autonomia si colleghi ad un impedimento soltanto di natura fisica) non può non essere tenuta in debita considerazione. In tali casi, il difficile equilibrio che il giudice chiamato a risolvere il conflitto dovrà trovare, deve essere guidato dalla necessità di privilegiare il rispetto dell'autodeterminazione dell'interessato, distinguendo il caso in cui la protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe (in precedenza attivato autonomamente dal disabile stesso) da quello in cui la scelta della nomina dell'amministratore di sostegno s'imporrà perchè non vi siano supporti e la riluttanza della persona fragile si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato, con il rischio di non dare unaadeguata tutela ai suoi interessi” .

Con riferimento ai presupposti di attivazione della misura di sostegno, la Suprema Corte sottolinea che “la procedura, pur senon esige che la persona versi in uno stato di vera e propriaincapacità d’intendere o di volere, presuppone comunque ilriscontro di una condizione attuale di menomata capacità che laponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi; e quindiper converso esclude che il sostegno debba esser disposto nei confronti di chi si trovi, invece, nella piena capacità di determinarsi, anche se in condizioni di menomazione fisica;”quindi riafferma “salvo che non sia provocata da una patologia psichica, tale da rendere l’interessato inconsapevole finanche del bisogno di assistenza, pure l’opposizione alla nomina costituisce

espressione di autodeterminazione; e come tale non può non esser considerata dal giudice nel contesto della decisione che alui si richiede; [...] il che giustappunto si trae dal fatto che lacondizione di ridotta autonomia, che si colleghi a menomazioni soltanto fisiche, è ben compatibile con l’esplicazione di unavolontà libera, consapevole e dunque, in base allo statuto dei diritti di ogni persona, non coercibile. In tema di amministrazionedi sostegno, l’equilibrio della decisione deve essere garantito dallanecessità di privilegiare il rispetto dell’autodeterminazione dellapersona interessata, così da discernere le fattispecie a seconda dei casi: se cioè la pur riscontrata esigenza di protezione della persona (capace ma in stato di fragilità) risulti già assicurata da una rete familiare all’uopo organizzata e funzionale, oppure se, alcontrario, non vi sia per essa alcun supporto e alcuna diversaadeguata tutela; nel secondo caso il ricorso all’istituto può esseregiustificato, mentre nel primo non lo è affatto, in ispecie oveall’attivazione si opponga, in modo giustificato, la stessa personadel cui interesse si discute” (Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza 31 dicembre 2020, n. 29981).

Si tenga altresì presente, che nel procedimento di nominadell’amministratore di sostegno, accanto all’opinione espressa dal beneficiario, può valutarsi l'audizione dei vari soggetti interessati per l'espletamento dell'eventuale contraddittorio, che sianoritenuti utili ai fini della decisione, cd. “fonti di informazioni” (Cass.Civ., Sez. I, Sentenza 22 aprile 2009, n. 9628; Trib. Milano, decreto 3 novembre 2014).

Questi ultimi, selezionati oltre che in base all’indicazione normativa(art. 407, comma 3°, cod. civ.), anche secondo il criterio della prossimità alla persona interessata (familiari conviventi; assistenti sociali; medico di medicina generale; vicini di casa, amici epersone che hanno, in qualsiasi modo “a cuore” il beneficiario), possono contribuire a delineare l’an ed il quomodo della misura di protezione.

La condizione patologica o di disagio in cui si trova la persona, può richiedere finanche un approccio multidisciplinare. Di qui la necessità di rivolgersi alle categorie di persone sopracitate affinché, sulla scorta della conoscenza di essa da parte loro, delle sue abitudini di vita e necessità esistenziali, ovvero sulla base delle loro specifiche cognizioni professionali, forniscano elementi imprescindibili per la valutazione del giudice.Ad ogni modo, il dissenso dell’interessato all’applicazione dell’amministrazione di sostegno, può dirsi giustificato e prevalente su ogni altra diversa considerazione laddove la misura relativaall’esercizio della capacità giuridica risulti non rispettosa dei diritti, della volontà e delle preferenze della persona, non scevra da conflitti di interessi o da indebite influenze, non proporzionata e non adatta alle condizioni della persona (Cfr. art. 12 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottatadall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006 e ratificatain Italia con legge 3 marzo 2009 n. 18).


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?