05.02 - La presenza di una rete protettiva (familiare o istituzionale) a tutela del beneficiario esclude la nomina dell'AdS?

In presenza di condizione personale astrattamente suscettibile di intervento di protezione (menomazione fisica o psichica della persona ed impossibilità di gestione diretta degli interessi da parte dell'interessato), ci si chiede se debba essere nominato un a.d.s. Come già abbiamo anticipato, al riguardo appare indispensabile la verifica dell'inferenza causale della patologia sulla quotidianità della persona e sulla capacità di espletamento delle funzioni della vita quotidiana.

In un recente decreto del Tribunale di Vercelli (Trib. Vercelli 16 ottobre 2015, in personaedanno) è stata motivatamente esclusa tale inferenza in presenza dell'intervento di “ausilio altrui”. In concreto, l'aiuto esplicato da parte di terzi a favore della persona si concretava in un  intervento protettivo volto a sopperire alle carenze gestionali della persona stessa; in particolare, da parte dei servizi sociali di assistenza domiciliare quotidiana (di “aiuto della paziente nel disbrigo delle pratiche personali, nella cura della casa, quali lavori domestici”), nell'aiuto delle vicine di casa; nel meritorio interessamento della ricorrente (“delegata ad operazioni bancarie e postali”), come pure del suo legale (“con la cui assistenza è stata compiuta l'accettazione beneficiata della eredità del marito”). In questa situazione, la beneficiaria si era mostrata incline e ben disposta ad avvalersi dell'altrui ausilio.

La pronunzia ritiene pertanto che, in presenza di rete familiare attenta alle esigenze della disabile e priva di conflittualità e di sospetti di approfittamento economico-patrimoniale, l'intervento di soggetti istituzionali e la piena accettazione dell'intervento ad opera della persona bisognosa, come pure la limitata difficoltà di compimento delle attività di protezione, renda “superflua ed inutilmente gravatoria” la protezione istituzionale ex art. 405 c.c.

La misura protettiva va dunque applicata nei limiti della stretta necessità, posto che la stessa determina quale effetto la limitazione, seppur parziale, della capacità di agire della persona; una limitazione giustificabile unicamente nei casi previsti dalla legge; pertanto, in presenza di rete protettiva tutelante il disabile, la protezione istituzionale ex art. 405 c.c. non va attivata ed il ricorso respinto.

La più autorevole dottrina in materia concorda con la linea di “non intervento”, riferendosi in tali casi al requisito inespresso della sussidiarietà (o altrimenti detta della c.d. sussidiarietà rimediale), requisito peraltro evincibile dalla stessa ratio legis (Cendon, Amministrazione di sostegno, a) profili generali, in Enc. Dir. Annali, VII, Milano, 2014, 23-24; R. Rossi, Amministrazione di sostegno: b) disciplina normativa, in Enc. Dir., Annali, Milano, 2014, VII, 32-33).

Scrive Cendon (in Cendon e R.Rossi, Amministrazione di sostegno, Torino, 2009, 397-398): “qualora la rete familiare fosse hic et nunc ben tesa, all'erta, senza smagliature, con tutti gli allarmi accesi, attiva ventiquattrore al giorno, e qualora non fosse d'altronde il pericolo dell'innescarsi di conflitti significativi e di ribellioni imbarazzanti tra il disabile ed il suoi congiunti, orbene, la linea del “non facciamo niente”, il diritto lasciamolo da parte, andiamo avanti come prima del code Napoleon, potrebbe ancora aver il suo senso” (critico, sul punto, invece, Farolfi 2014, 56).

Si può concludere con una domanda retorica. Laddove sia in concreto ravvisabile una rete protettiva vicariante, familiare e/o istituzionale, in grado di surrogare, aiutare ed assistere e/o sostituire la persona nell'espletamento delle funzioni quotidiane, perché attivare la misura di protezione, legittimando l'intervento del Giudice?

L'intervento del Giudice a tutela della persona appare doveroso unicamente laddove lo stesso costituisca l'extrema ratio; ossia, laddove difettino ulteriori strumenti di protezione civilistici, meno invasivi e maggiormente performanti, quali sono, appunto, l'ausilio e l'intervento di terzi o familiari, come pure il conferimento a terzi di una procura sostanziale ad operare nell'interesse altrui (art. 1392 c.c.).


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