03.04 - L’interdizione e l’inabilitazione sono ancora oggi operanti? E se sì, in quali casi?

La risposta è, purtroppo, affermativa. 

Interdizione e inabilitazione sono ancora contemplate nell'ordinamento privatistico, per quanto poste in posizione subordinata rispetto all'Amministrazione di sostegno. E, va detto, una parte della giurisprudenza continua a fare ricorso all'interdizione.

Per quanto sia difficile giustificare la predilezione per una misura di protezione di stampo custodialista e gravemente lesiva della dignità della persona, resta il fatto che  in ancora troppi casi si pronunciano sentenze di interdizione. 

Tra le ragioni di tale opzione vi è senza dubbio l'attaccamento alle soluzioni tradizionali e "tutte d'un pezzo", e l'idea che la disabilità psichica venga meglio affrontata con l'ablazione totale, a trecentosessanta gradi, della capacità legale di agire. 

Riguardo ai casi in cui è possibile ricorrere all'interdizione, ci si deve riferire, in primo luogo, al nuovo testo dell'art. 414 c.c.: è possibile interdire o inabilitare qualcuno soltanto quando non non vi sia altra strada per assicurargli adeguata protezione e alle regole fissate dalla Cassazione; e ciò - perlomeno - fino a quando l'interdizione e l'inabilitazione non verranno abrogate formalmente, con una legge che al momento è in fase di approntamento in sede parlamentare (il tempo necessario perchè il progetto di legge in parola divenga legge effettiva dello Stato si annuncia, tuttavia, lungo). 

Quando, dunque, è possibile ricorrere all'interdizione? 

A partire dalla pronuncia n. 13584 del 2006 (via via confermata fino alla più recente decisione n. 17962 dell' 11.09.2015 (Riv. Notariato 2016, 3, 554) la possibilità di ricorrere all'interdizione, piuttosto che all'Ads sussiste non in quanto l'interessato versi in una condizione psichica di infermità, ma se vengano in considerazione incarichi gestionali particolarmente complessi, e dunque:

nei casi in cui l'attività da svolgere nell'interesse della persona sia complessa ("ove si tratti di gestire un'attività di una certa complessità")

nei casi in cui occorra impedire al soggetto di compiere atti per sè pregiudizievoli, anche in considerazione della vita di relazione dallo stesso intrattenuta. 

Nell'ottica della suprema corte, dunque, il ricorso alla vecchia coppia di istituti incapacitanti si giustifica come extrema ratio nei casi suddetti, dove, peraltro, la prima situazione viene realizzata anche in presenza di un patrimonio ingente.

Ogniqualvolta, pertanto, l' Ads si annunci come risposta congrua e soddisfacente - ciò che può dirsi nella quasi totalità dei casi -  la scelta sarà obbligata nel senso di ricorrere al nuovo istituto.

Vale la pena ricordare che è stato presentato all'esame del Parlamento, seppure in una fase iniziale dell'iter di approvazione, un disegno di legge che è volto ad abrogare formalmente e definitivamente interdizione e inabilitazione.


Cosa cambieresti o aggiungeresti rispetto alle indicazioni di cui sopra?