Fin dai primi tempi successivi all'enrata in vigore della legge sull'amministrazione di sostegno (l. n. 6 del 2004) è sorta discussione, tra gli operatori giuridici, su quale fosse l’ambito operativo della nuova misura di protezione rispetto alle misure tradizionali, ovverossia interdizione e inabilitazione.
Considerato, infatti, che la riforma non aveva abrogato le due misure tradizionali, era immancabile chiedersi quale fosse il discrimen tra istituti di protezione vecchi e nuovo.
Oggigiorno, grazie ai chiarimenti offerti dalla Corte di Cassazione, a partire dal 2006 (Cass., sez. I, 12.6.2006, n. 13584, in Giust. Civ. 2006, 12, 2722; Giust. civ. Mass. 2006, 6; Guida al diritto 2006, 27, 81) con orientamento via via ribadito fino ai giorni nostri, lo spazio operativo dell'Amministrazione di sostegno rispetto agli istituti originari può dirsi sufficientemente chiarito (per le conferme successive, si vedano Cass., sez. I, 22.4.2009, n. 9628; Cass., sez. I, 1.3.2010, n. 4866; Cass., sez. I, 26.10.2011, n. 22332; Cass. 11.09.2015, n. 17962).
Oggigiorno, è dunque fuori discussione che l'Amministrazione di sostegno costituisca la misura di protezione da applicare in via generale e da preferire, mentre interdizione e inabilitazione sono misure residuali, con uno spazio di intervento consistentemente ridotto rispetto a prima, e anzi pressochè annullato per quanto riguarda l'inabilitazione.
La Cassazione ha fornito agli interpreti le chiavi interpretative per orientarsi fra l’uno e gli altri istituti, stabilendo che l' ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non al diverso, e meno intenso, grado di infermità o impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla flessibilità della relativa procedura applicativa; ed ha ulteriormente precisato che appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie.
Prima ancora dell'intervento della Cassazione, comunque, la Corte Costituzionale aveva consacrato la preminenza dell'Amministrazione di sostegno.
E, infatti, con la sentenza n. 440 del 9.12.2005 (Giur. Cost. 2005, 6, 4746), la Consulta dichiarava infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 404, 405 nn. 3 e 4 e 409 c.c., e chiariva che la disciplina introdotta dalla l. n. 6 del 2004 affida al giudice il compito di individuare l’istituto che garantisca all’incapace la tutela più adeguata, limitandone nella minore misura possibile la capacità d’ agire, e che il giudice può ricorrere alle ben più invasiva misura dell’interdizione o dell’inabilitazione soltanto se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare siffatta protezione.