26.14 - Nel caso di incoscienza e di grave condizione patologica irreversibile del beneficiario, è l’amministratore di sostegno che deve interloquire con il medico sui trattamenti da praticare?

L’istanza personalistica alla base del principio del consenso informato ed il principio di parità di trattamento tra gli individui, a prescindere dal loro stato di capacità, impongono di ricreare il dualismo dei soggetti nel processo di elaborazione della decisione medica: tra medico che deve informare in ordine alla diagnosi e alle possibilità terapeutiche, e paziente che, attraverso il legale rappresentante, possa accettare o rifiutare i trattamenti prospettati. Ne deriva, pertanto, che l’amministratore di sostegno può essere autorizzato dal Giudice Tutelare a prestare o a rifiutare, per conto del beneficiario, il consenso ai trattamenti sanitari. Tale decisione sarà calibrata sulla base della specifica valutazione del quadro clinico della persona, laddove con l’attribuzione all’amministratore di poteri in ambito sanitario, si viene ad incidere profondamente su “diritti soggettivi personalissimi”, sicché la decisione del giudice circa il conferimento o no del potere di rifiutare tali cure non può non essere presa alla luce delle circostanze concrete, con riguardo allo stato di salute del disabile in quel dato momento considerato. All’amministratore può quindi essere conferito il potere di compiere scelte in nome e per conto del beneficiario, anche in ambito sanitario, al fine di assicurare la migliore tutela della sua salute, tenendone tuttavia sempre presente la volontà, come espressamente prevede l’art. 3, co. 4, L. 219/2017. L’attribuzione di un siffatto potere implica necessariamente che l’amministratore di sostegno sia il soggetto legittimato ad interloquire con il medico affinché possa acquisire tutte quelle informazioni necessarie ad esprimere un consapevole consenso/dissenso rispetto ai trattamenti sanitari di volta in volta prospettati.


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