24.02 - Quali sono i doveri dell’amministrazione di sostegno in questo ambito?

Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, così come stabilisce l’art. 410 c.c. Si tratta di un principio fondamentale, destinato a valere sia riguardo alla gestione dei profili economici (bancari, imprenditoriali, commerciali, borsistici, tributari, immobiliari, assicurativi, industriali, etc.), sia con riferimento alla cura della persona e agli aspetti non patrimoniali.

Si deve perciò ritenere che l’assolvimento delle funzioni di sostegno debba essere permeato, come criterio informatore, dalla disponibilità ad ascoltare e registrare le aspettative, le propensioni, i timori, i desideri che l’amministrato venga via via esprimendo. Si tratta di un criterio di comportamento destinato a investire l’intero operato del vicario, e che come è stato sottolineato in dottrina si specifica ulteriormente nei seguenti più specifici (ma non di per sé solo esustivi, dovendo comunque compiersi tutto quanto appare necessario a perseguire il best interest dell’interessato) doveri:

- informare tempestivamente e preventivamente il beneficiario circa gli atti da compiere, nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso (in tale ultima evenienza, spetterà al G.T. superare il contrasto, indicando all’amministratore la via da seguire);

- farsi portavoce, innanzi al giudice, di ogni istanza nell’interesse del beneficiario, promuovendo l’intervento del G.T. per le opportune rimodulazioni della misura di protezione;

- segnalare ogni mutamento nelle condizioni di vita e di autonomia della persona, compreso l’eventuale venir meno delle condizioni che avevano giustificato l’attivazione della misura di protezione;

- relazionare periodicamente (secondo la cadenza temporale stabilita dal giudice) sull’ attività svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario;

- amministrare il patrimonio in modo diligente ed avveduto, rendendo il conto periodico della gestione.

Il ventaglio concreto dei doveri di interlocuzione dell’amministratore va tuttavia commisurato in concreto, avuto riguardo al “regime” di rappresentanza disegnato dal decreto di nomina, dovendo naturalmente ricercarsi maggiormente una condivisione del beneficiario nei casi di rappresentanza concorrente rispetto a quelli, a loro volta influenzati dalla  residua e limitata capacità dell’interessato, in cui all’ADS sono affidati poteri gestori esclusivi. Infatti, è evidente che nel primo caso, applicandosi l’art. 409 1° co. c.c. “il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”.

Vi possono essere casi di amministrazione di sostegno che, in linea con quel principio di minima limitazione possibile della sfera di autonomia del beneficiario (c.d. sussidiarietà della misura di sostegno), si manifestano con l’affidamento del potere di compiere un’attività specifica o, al limite, un unico atto: si pensi alla nomina già finalizzata all’alienazione di un immobile o di un autoveicolo a condizioni prefigurate nello stesso provvedimento (Rispettivamente oggetto di Trib. Roma, 28 gennaio 2005 e Trib. Roma, 7 giugno 2005, in www.personaedanno.it); si pensi ancora alla nomina finalizzata al conferimento di una procura alle liti per tutelare legalmente il beneficiario. A questo riguardo la recentissima Cass. civile, sez. II, 5 marzo 2021,  n. 6197, ha precisato che l'ads che, in possesso dell'abilitazione all'esercizio dell'attività forense, si costituisca in giudizio personalmente in rappresentanza del beneficiario, come consentitogli dall'art. 86 c.p.c., a tanto provvede non già in virtù dell'instaurazione di un rapporto contrattuale professionale, bensì esercitando le funzioni di amministratore di sostegno e, pertanto, non può agire in giudizio chiedendo il pagamento del compenso professionale ma, in base al combinato disposto degli artt. 411 e 379 c.c., può rivolgersi al giudice tutelare per ottenere un'equa indennità per l'opera prestata nella detta qualità.


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